le scrivo nella speranza di ottenere qualche consiglio mirato per il mio piccolo.
Riccardo ha quasi un anno ed è stato operato di idrocefalo a cinque
mesi con la terzoventricolostomia, e a parte 15 giorni di irritabilità e
sonnolenza a sette mesi, risoltisi da soli (la risonanza di controllo
confermava il buon flusso del liquor attraverso la stomia) è stato
sempre meglio da allora. E' leggermente ipotonico, non ha mai avuti
cloni,e il capo lo controlla molto bene.A sette mesi e mezzo ha
conquistato la posizione seduta autonoma, anche se aveva la tendenza a
tuffarsi indietro. Adesso sta seduto benissimo, ma ancora non si muove,
nè strisciando nè gattonando. Sta facendo psicomotricità da subito dopo
l'operazione, due o tre volte alla settimana, ma non so se sia
sufficiente. Leggevo che il problema nei bimbi con idrocefalo non è
tanto il movimento in sè, quanto gli scopi del movimento. Tutti mi
dicono di stimolarlo mettendo non troppo vicini i giochini per
stimolarlo ad andarli a prendere, ma se
non ci arriva da dov'e dopo qualche tentativo ci rinuncia. E'
abbastanza interessanto ai giochi comunque da quando ha sette mesi, gli
piacciono molto i libri da sfogliare e gli piace tirar fuori le cose da
un contenitore, ma forse non gli interessano a sufficienza.
La fisioterapista mi dice che il miglior modo è giocarci insieme, ma
quale gioco sarebbe più adeguato per stimolarlo correttamente e far
aumentare la motivazione? Il neuropsichiatra mi dice di portarlo al nido
che si stimola con gli altri bimbi, ma la pediatra me lo sconsiglia per
le malattie; alla fine non lo mando perchè se mi fa una settimana di
nido e tre a casa con febbre e convalscenza faccio più danni che a non
mandarlo.Il neurochirurgo mi dice di insistere con la posizione a pancia
in giù, in quanto lui ha la tendanza ad appoggiare sempre la testa su
un braccino per guardare piuttosto che alzarla (cosa che però fa se gli
si impedisce di appoggiarsi
lateralmente). Penso che inizierò anche un percorso di pet-teraphy
proprio per aumentare la motivazione. Capisco che ogni bambino è
diverso, ma se mi consigliasse qualche giochino sarebbe per me un
ulteriore aiuto.
Grazie, mamma di Riccardo.
Colgo l'occasione di questa email per parlare di un aspetto importantissimo, misconosciuto e come in questo caso assolutamente frainteso come quello della MOTIVAZIONE. Tutti (medici, terapisti, ecc.) parlano di questa benedetta motivazione al movimento, dello scopo del movimento, di quanto è importante lo scopo del movimento, eccetera.
Tuttavia, gli "esercizi" che vengono proposti sono assolutamente l'esatto contrario: lo scopo non esiste, il movimento è un movimento "per muoversi" e basta.
Se studiamo un pò di psicologia dello sviluppo, sapremo che il bambino non impara a muoversi perchè gli oggetti sono lontani, o perchè viene messo a pancia in giù, perchè questi NON sono scopi del bambino, sono scopi dell'adulto. L'adulto mette il gioco a un metro e poi parte "dai! dai! prendilo!". Ovviamente il bambino fa due tentativi e poi molla: come sempre ha ragione lui, e vediamo perchè.
Il bambino impara a muoversi per scopi che sono scopi CONOSCITIVI, PERCETTIVI, e non per "fare" qualcosa. Il movimento del sistema Uomo, che come sappiamo è un sistema complesso, è definito una proprietà emergente, ovvero un comportamento che emerge dall'interazione tra il corpo e il mondo a scopo di conoscenza. Il bambino SI MUOVE PER SENTIRE, E NON PER MUOVERSI, si muove per CONOSCERE, E NON PER PRENDERE. La conoscenza dell'oggetto sul piano cinestesico, tattile, visivo, ecc. fa emergere comportamenti sempre più complessi in relazione a scopi conoscitivi sempre più variabili: se l'oggetto per me rimane solo qualcosa da mettere dentro e fuori un contenitore, e non percepisco alcuna differenza tra un oggetto morbido e uno liscio, tra uno grande e piccolo, tra uno che si schiaccia e uno duro, e così via, è ovvio che il movimento sarà molto grossolano perchè molto poco esplorativo e di conseguenza il comportamento "motorio" sarà povero. Ma il fatto che "non vada a prendere l'oggetto" non è il problema, ma solo quello che si vede, l'aspetto fenomenico di un problema che c'è "dietro".
Se si vuole favorire un buon recupero è del tutto inutile metterlo a pancia in sotto, per fargli tirare su la testa: lui ha già assolto lo scopo conoscitivo (che è guardare, e non "tenere dritto il capo"!!!! al bambino di "tenere dritto il. capo" non glie ne può interessare di meno - a NESSUN bambino, non parlo dei bambini con difficoltà, parlo di TUTTI i bambini) stando appoggiato sulle braccia, "costringerlo a non appoggiarsi lateralmente" non solo non è utile, ma anzi è una richiesta (e NON un esercizio) che lo disorganizza, perchè non gli consente di guardare a lungo e con attenzione perchè per lui è troppo difficoltosa la posizione. Quindi, ovviamente come sempre, il problema è sempre nella richiesta che facciamo: siamo noi che sbagliamo, non è MAI il bambino. Ricordo sempre una delle più brave terapiste che ci siano, dire: E' la terapista che deve andare al livello del bambino, mai il contrario. Se il bambino è grave, la terapista "diventa grave". Questo per dire che se il bambino "non fa quello che gli chiediamo", semplicemente ABBIAMO SBAGLIATO LA RICHIESTA.
Ad un bambino sano non sarebbe mai richiesta una cosa simile: nessun bambino viene messo a pancia in giù "per favorire il controllo del capo", al massimo gli viene richiesto di guardare qualcosa, di interagire con oggetti e persone per percepire e sentire, di comprendere dei contesti. Queste sono richieste che favoriscono l'apprendimento e la creazione di scopi che modificano il comportamento, e NON "vai a prendere il giocattolo più in là".
Per sapere quali giochi nello specifico andrebbero bene per questo bambino e soprattutto COME FARLI ovviamente lo dovrei vedere, ma sicuramente eviterei il mettere dentro e fuori gli oggetti (il "risultato finale" che non permette l'esplorazione) e mi concentrerei su giochi con il corpo, giochi percettivi, sul sentire delle differenze tra i diversi oggetti, e via dicendo.
Il problema non è MAI "motorio", è sempre un problema di organizzazione del sistema, e questa organizzazione è in relazione agli scopi del bambino (che sono scopi conoscitivi) e non dell'adulto ("così sta dritto"). Bisogna sempre domandarsi: per chi è la riabilitazione?
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