mercoledì 29 aprile 2009

la mamma chiede: posso sperare nel recupero di mio figlio?

Ciao Fabiana sono una mamma di un bimbo di 2 anni che a 2 mesi ha avuto un'ischemia cerebrale. La diagnosi per ora è quella di tetraparesi spatica, vorrei capirne di più. Soffre di ipotono muscolare e di ipertensione. Sta seguendo un percorso di riabilitazione di due sedute settimanali. Volevo capire se posso riporre in lui speranze di recupero e se oltre le sedute settimanali si può fare qualcos'altro. Grazie.

Intanto bisogna vedere cosa intende lei per "recupero": ci sono moltissimi fattori che lo influenzano (le consiglio di leggere questo post dove li spiego nel dettaglio), ma a parte pochi fortunatissimi casi (molto lievi già dal principio e trattati molto bene), è praticamente impossibile cancellare ogni traccia "visibile" di una lesione cerebrale che ha dato come esito una tetraparesi spastica (quando scrive "ipertensione" immagino che, a meno che non abbia una cardiopatia, si tratti in realtà di "ipertono"). In sostanza, le devo dire che purtroppo sarà, se non impossibile, davvero molto, molto improbabile che il suo bambino "diventi sano", perchè sfortunatamente al momento ancora non siamo in grado di colmare tutte le lacune successive ad una lesione di questo tipo.
tuttavia posso assicurarle in primis che il bambino migliorerà in parte già di per sé, in quanto crescerà e si organizzerà, ma soprattutto che un buon trattamento riabilitativo farà realmente la differenza e potrà permettere al bimbo di
ridurre di molto (ed in alcuni casi eliminare) le problematiche (quali che siano, dovrei vederlo per poterle dire qualcosa di specifico) che ha attualmente o che avrà in futuro, ed eventualmente ottenere dei risultati insperati. ho in trattamento un paio di bambini che sono il mio "fiore all'occhiello", con risonanze disastrose e quadri clinici iniziali gravi sia sul piano cognitivo che motorio, che a distanza di qualche anno di trattamento non si riconoscono neppure. è ovvio che non sempre va così bene (c'è anche una parte di soggettività nella plasticità neuronale), ma in generale il trattamento deve avere la finalità di modificare il bambino e tirare fuori il meglio di quello che può fare in potenza, altrimenti semplicemente non è terapeutico, e lei sta perdendo il tempo, preziosissimo, di suo figlio.
assolutamente lei deve riporre speranza nelle potenzialità di recupero di suo figlio, ovviamente senza che questa si riduca, per l'appunto, solo a "sperare" che succeda qualcosa delegando al fato o al dottorone di turno, né all'attesa spasmodica che il suo bimbo si trasformi improvvisamente in qualcosa che non è. è ovvio che bisogna porsi degli obiettivi , insieme al terapista, e raggiungerli, ma le consiglio di viversi suo figlio giorno per giorno e cercare di capire come può aiutarlo ora, piuttosto che aspettare solo "il giorno in cui farà questo, questo e quest'altro": cerchi di circondarsi di professionisti che le permettano di imparare a guardare i piccoli miglioramenti giornalieri (che però ci devono essere!), e di vedere suo figlio non solo per "quello che non sa fare", perchè le dico per esperienza che i bambini circondati da persone con questo tipo di atteggiamento sono quelli che migliorano di più.
il genitore va messo nelle condizioni di essere partecipe e protagonista del recupero del proprio bambino, senza farlo però diventare un terapista o un esecutore di manovre assurde ed inutili per otto ore al giorno: lei può davvero modificare il comportamento di suo figlio, attraverso l'interazione con lui: è fondamentale capire come deve fargli le domande, come deve mostrargli i giochi, e quali; quali proposte possono essere fatte e quali no. ovviamente non posso darle consigli specifici senza vedere il bambino, ma intanto le consiglio di leggere nel frattempo quest'altro post dove ci sono dei consigli in linea generale.

lei mi chiede se si può fare "di più". il problema sarebbe intanto capire, nello specifico, in quelle ore settimanali COSA fa il bambino: fare DI PIU' di qualcosa che non serve (o che magari fa anche male) le assicuro che fa più danni che altro. quello che le consiglio è cercare di capire, con il massimo senso critico possibile, se quello che fa ha effettivamente un senso, e d eventualmente, se non ne trova, di cercare qualcos'altro. In bocca al lupo.

mercoledì 22 aprile 2009

la testimonianza: Irene, dal Bobath all'ETC

Abbiamo iniziato a chiederci che tipo di problemi avesse Irene il giorno stesso che siamo rientrati a casa dopo l'intervento chirurgico per risolvere una malformazione congenita di labioschisi.
Nei primi due mesi di vita della piccola non avevamo mai avuto il dubbio o il sospetto che Irene potesse avere qualcosa che non andava, era del tutto identica agli altri tre nostri figli e nulla ci faceva pensare che ci potesse essere qualcosa di strano in lei.
Ma poi, arrivati a casa, abbiamo visto immediatamente che la bambina restava sempre con lo sguardo fisso a sinistra, con occhi sbarrati ,atteggiamento apatico e non sosteneva piu’ il capo io e mia moglie ci siamo immediatamente preoccupati.
Comunque cercavamo di rassicurarci a vicenda convincendoci che erano probabilmente gli effetti dell'anestesia da smaltire, ma dentro di noi c'era timore, Irene aveva avuto grossi problemi al risveglio dall'intervento aveva avuto alcune apnee con conseguente stato di torpore prolungato per circa 12 ore.
Le settimane passavano ed Irene non "smaltiva" nulla ,continuava a non reggere il capo, i movimenti oculari erano particolari, dormiva davvero molto, i movimenti degli arti erano scarsi e lenti soprattutto la parte destra del corpo e dopo un paio di mesi abbiamo iniziato a lanciare grida di allarme con i medici. Ma non venivamo certo presi in considerazione e a volte ci siamo sentiti trattare come genitori apprensivi che richiedono ai figli prestazioni da superman ("non preoccupatevi, ognuno ha i suoi tempi!!!").
Poi all'improvviso è cambiato tutto, nel giro di pochissimo, per i medici, siamo diventati genitori di una figlia disabile (cavolo, non eravamo "solo" troppo apprensivi?) per cui il primo obbiettivo doveva essere quello di trovare una diagnosi per capire quale sarebbe stato il futuro della bimba, anche a costo di fare una RMN in sedazione (pazzesco, dopo che tutto era iniziato dopo un'anestesia!!!).
Così abbiamo iniziato la fisioterapia presso l'ausl, Irene si è ammalata molto questo inverno e ne ha fatta davvero poca, ma le 6 o 7 sedute a cui è stata sottoposta non ci hanno sicuramente soddisfatto.
Pensavamo che tutto quello che si faceva, fosse l'unica strada percorribile e che non ci fossero alternative.
Di solito era mia moglie che portava Irene a fisioterapia e mi raccontava quello che le veniva fatto.
Un giorno sono uscito dal lavoro in anticipo ed ho potuto vedere gli ultimi minuti di una seduta in cui la mano di Irene veniva spinta a forza sul tappeto per mantenerla aperta.
Poi mi ha raccontato che tutto quello che le veniva fatto era comunque qualcosa di forzato (la mano aperta era la meno), la fisioterapista non parlava mai con la bimba, tranne che un "brava" ogni tanto, il dialogo era basato principalmente sulle cose che la piccola non era in grado di fare.
Si insomma, non c'era nessun tipo di comunicazione tra bambina e terapista. Ogni tanto la terapista spiegava a mia moglie gli esercizi da fare a casa tenendo la bimba sul tappeto a pancia in giu’ doveva imparare a girarsi a pancia in su, oppure veniva messa seduta con un cuscino in mezzo alle gambe per aumentare la stabilità, gli esercizi di allungamento dove venivano tirate a destra e sinistra le braccine, ecc…. eseguiti da mia moglie quotidianamente questi esercizi non si notavano cambiamenti nella bimba o perlomeno c’erano piccoli progressi ma non quelli prefissati dalla terapista come ad es. il riflesso paracadute o lo striscio.
Ad un certo punto mi sono detto che poteva esserci un qualcosa di diverso, e pur non sapendo cosa potevo cercare mi sono iscritto ad un forum ed ho iniziato a leggere fino a notte tarda, ho provato a parlare con altri genitori e finalmente qualcuno mi ha parlato del metodo Puccini-Perfetti.
Inizialmente non ci ho capito un granchè ma le sensazioni erano buone e si è deciso di fare una valutazione.
Ci siamo resi conto da subito che questo era un altro mondo, la valutazione pelle a pelle con la bimba durava qualche ora e non i 5 minuti che erano serviti all'ausl per decidere la fisioterapia.
E la cosa più stupefacente è il rapporto bimba-terapista, si parlano, si capiscono, c'è un grande rispetto per la personalità della bimba anche se ha solo 9 mesi.
La mano non si apre con la forza, ma facendo decidere alla bimba di aprirla mediante stimolazioni tattili, si cerca di trovare la causa che non permette di stendere il braccio ed una volta individuata si lavora su questa per fare in modo di STIMOLARE la bimba a farlo volontariamente, coinvolgendo sempre tutti i sensi di cui siamo dotati ma che Irene non ha ancora capito l’organizzazione corretta per poterli utilizzare e tutto si fa nel modo più semplice possibile, in quel modo naturale che è "il gioco", si pazzesco.... Irene risolve i suoi problemi "giocando" con la sua terapista.
Io ho trovato tutto questo fantastico.
Irene, con questo metodo, ha fatto cose inaspettate anche per noi genitori, addirittura, anche solo nella valutazione, il terzo giorno ha fatto cose che il primo non faceva...
ho avuto come l'impressione che Irene abbia capito cosa volevamo da lei e che a lei piacesse molto questo tipo di "gioco".
Io non so che risultati porterà nel tempo ma la differenza lampante di tutto questo è che quando sono andato a vedere la fisioterapia all'ausl ho trovato una moglie quasi con le lacrime agli occhi che diceva alla terapista "Per favore, basta per oggi, la bimba è stanca" e una figlia "stanca e spossata" dalle forzature subite.
Tutto questo non succede con l'etc e credo che il rispetto dei tempi di una persona (ancora di più se si parla di un bimbo) siano basilari.. eh si.... direi proprio che il termine più giusto che mi viene in mente per definire questa tecnica è RISPETTO.... rispetto per i nostri piccoli cuccioli.

pensieri, parole, opere e (soprattutto) omissioni

in questa settimana ho visto due bambine venute da fuori. sono diverse per età: una 9 mesi, l'altra quasi due anni. sono diverse per patologia, un'emiparesi destra molto lieve, acquisita in seguito a un'ipossia durante un intervento chirurgico, ed una grave tetraparesi congenita da danno perinatale. sono diverse per compromissione, per problemi specifici: una ha una lieve irradiazione e tende ad escludere lo spazio di destra, l'altra un importantie ipotono assiale che non le permette di tenere sollevato il capo per più di pochi secondi ed una compromissione maggiore a sinistra. sono diverse per cultura: una bimba viene dall'Emilia Romagna, una dalla Calabria.

sono due bimbe così diverse... eppure. eppure hanno tante cose in comune, e purtroppo non si tratta di aspetti positivi, ma di comportamenti, nei loro confronti, da parte dei medici e dei terapisti che se ne occupano.

ad entrambe le famiglie i medici ed i terapisti hanno richiesto, e continuano a richiedere pressantemente come se da questo dipendesse il trattamento, l'ennesimo esame strumentale (RMN) perchè così "possono dire fino a che punto potranno arrivare, posso dirle se NON camminerà, posso dirle quello che NON farà". alla domanda LOGICA E SENSATA del genitore "ma una volta fatta la risonanza, cambierà qualcosa?" la risposta è sempre "no, ma che c'entra!".
parliamoci chiaro, è OVVIO che la diagnosi è importante. ma sostenere che, in una paralisi cerebrale, la risonanza è indicativa dela prognosi e di quello che NON saprà fare è malafede e ignoranza. è come sostenere che le lesioni sottocorticali non causano mai insufficienza mentale; è come sostenere, guardando la risonanza "non si preoccupi signora, il bambino è intelligente", o "non camminerà mai" senza neanche guardarlo, il bambino, che magari ha sei mesi. bisogna interagirci, col bambino, e vedere come si modifica attraverso l'interazione, e trovare il modo più corretto per fargli le richieste, per avere un minimo di predittività: la risonanza è importante, ma non ci dice che persona sarà quel bambino.

ci sono bambini con risonanze disastrose, che a guardarle si direbbe solo "qui non c'è niente da fare", che camminano e parlano. ci sono bambini con risonanze pulite e quadri clinici gravissimi. e ci sono tutte le possibili sfumature nel mezzo tra questi due opposti, e la fondamentale variabile della riabilitazione (fatta bene, fatta male, non fatta, dannosa o sensata) che costituisce uno dei parametri fondamentali per la riorganizzazione.
a queste due bambine è stato proposto LO STESSO IDENTICO PIANO RIABILITATIVO (ma sarebbe ingiusto pure chiamarlo così): "insistere con il paracadute". mi domando: a che cavolo serve sapere la sede di lesione ed insistere tanto per avere con precisione l'esatta ubicazione di ogni singola macchiolina nella risonanza, se tutti questi esami sofisticatissimi non cambiano di una virgola la riabilitazione che, indipendentemente da quello che ha o non ha, si riduce a questo maledettissimo paracadute, a strisciare e rotolare? non è forse profondamente scorretto, insistere sulle "differenze" tra i pazienti, per poi trattarli tutti esattamente allo stesso modo?

solo i risultati di questo identico trattamento però sono stati diversi: alla bimba più piccola, sono "solo" venute LE MANI VIOLA (se ci ripenso mi viene una rabbia che vorrei fare qualche telefonata di insulti, anche solo per sfogarmi) a forza di spingerle contro il piano d'appoggio.
per la più grandina il danno è stato invece purtroppo molto più grave: a forza di "spingere" sugli arti superiori, la bimba si è semplicemente "dimenticata" di avere un tronco, e gli arti superiori, utilizzati solo come puntello, sono diventati due bastoni di legno.
il risultato è una bimba che, nonostante la non eccessiva gravità dei problemi visivi, non mantiene capo e tronco se non per pochissimi secondi, e messa seduta sul lettino, si piega in avanti quasi fino a terra.
è come se voi foste seduti su una sedia con le mani che spingono sui braccioli per tenervi leggermente sollevati dalla seduta: se ci state per due anni, con ogni probabilità quando vi riappoggerete sul bacino, la schiena non vi reggerà, perchè nel vostro cervello semplicemente il tronco non ce l'avete più, e la vostra base d'appoggio, una volta costituita dal bacino, saranno diventate le vostre braccia.
il compito dell'articolazione del gomito inoltre, è quella di organizzare la distanza tra il corpo e il target all'interno del raggiungimento. questa bimba, ha utilizzato il gomito solo come perno rigido nel tentativo di tirarsi su e di "paracadutarsi". risultato: aumento sconsiderato dell'irradiazione ed incapacità della bimba di fare altro, al tentativo di raggiungimento, rispetto alla cosiddetta "parabola" (anche il gomito è "sparito"), che per altro non le consente neanche di raggiungere l'oggetto.

la sua terapista ha commentato "che disdetta! sta aumentando l'ipertono!" come un'ineluttabile disgrazia piovuta dal cielo.

ora, io mi domando: tu, terapista, che ancora inciti questa bimba a puntellarsi come può (e quindi sfruttando lo schema elementare causato dalla patologia) come se gli arti superiori servissero a questo, e ti stupisci anche che l'ipertono aumenti, hai una vaga idea degli obiettivi che stai perseguendo? hai un'idea di cosa stai facendo, seppur vaga? io credo proprio di no.

a tutte e due le mamme delle bimbe, in "terapia" viene rimarcato continuamente quello che non sanno fare.
vede? non rotola. vede? non striscia. vede? non ha il paracadute
. non fa questo, non fa quest'altro.
ulteriore domanda da un milione di dollari: ho anche bisogno di portarla da un terapista e farmi tutti questi chilometri ogni giorno, perchè mi dica "quello che non fa"? non era già abbastanza chiaro quello che "non" faceva? non lo vedeva anche il macellaio sotto casa, che "non" teneva il tronco, o serviva un esperto?


scusatemi, ma oggi sono veramente depressa. mi piace tantissimo fare le valutazioni dei bimbi di fuori, e quando riesco ad inviarli a qualcuno che faccia qualcosa di sensato sono la persona più felice della terra, ma non è possibile che ogni volta mi tocchi constatare sempre gli stessi, tristissimi meccanismi.
quello che più mi preoccupa è che i bambini cominciano ad arrivarmi sempre più piccoli, segno che quello che viene passato deve essere proprio troppo palesemente uno schifo: anche solo qualche anno fa, prima di cominciare a "cercare altro" passavano tranquillamente quattro o cinque anni, adesso prima dell'anno già si è in cerca di qualcosa in cui riconoscere un senso.

tutto questo è veramente triste.

giovedì 16 aprile 2009

la prima testimonianza: Alessia, dal Bobath all'ETC

L' Esercizio Terapeutico Conoscitivo non è un mondo facile da scoprire.
Per qualche strana ragione è una cosa che devi andarti a cercare.
Ecco la mia esperienza.
La nascita di un bimbo disabile è un elemento abbastanza destabilizzante, ma niente a che vedere con il momento in cui te lo affidano dopo mesi di ospedale. Qualche giorno prima delle dimissioni, la dottoressa che aveva in cura mia figlia, ci ha convocati è ha fatto il punto della situazione:
la bimba è grave e ha bisogno di fare fisioterapia.
Tutto quello che conoscevo sulla riabilitazione si racchiudeva sotto un semplice concetto: ti fai male, ti ingessano e hai bisogno di fare fisioterapia per riacquistare la completa mobilità dell'arto infortunato.
Con queste nozioni siamo andati all'ASL per iniziare la fisioterapia, passando dal neuropsichiatra.
Pensando che fosse la sola e unica strada percorribile, Alessia ha cominciato il suo percorso riabilitativo. Abbiamo fatto due bustini, abbiamo utilizzato uno stabilizzatore da prono e abbiamo utilizzato un girello. Per circa tre anni, tutto questo ha dato ottimi risultati. O meglio. Per quelle che erano le conoscenze mie e di mia moglie, e secondo quanto ci dicevano i vari dottori, la bambina mostrava ottimi progressi. Bello... fino a quando non abbiamo avuto l'impressione che quello che stavamo facendo, non fosse proprio la cosa più adatta per la nostra bambina.
Sembrava che Alessia, che fino a quel momento era stata super collaborativa, non si accontentasse più di stare semplicemente dove la mettevamo. Sentiva la necessità di interagire, di toccare, di esplorare, di guardare. Tutti questi ausili forse sono serviti a farle avere un il controllo della testa...ma ci si ferma lì.
Tutto il metodo Bobath (abbiamo scoperto che la fisioterapia che abbiamo fatto con Alessia si chiama così) prevede l'utilizzo di questi ausili che costringono a determinate posizioni. Non sono esperto, ma credo di aver capito che il concetto sia il seguente: non sei in grado di mantenere una posizione? Bene, ti immobilizzo in quella posizione fino a che non riesci a starci da solo.
Probabilmente quello che ho scritto è estremamente riduttivo e impreciso, ma dopo tre anni e mezzo, questa è la sensazione che io e mia moglie abbiamo percepito. Non è che voglio rinnegare completamente tutto quello che si è fatto, ma ci siamo resi conto che tutto questo ci stava stretto (...in tutti i sensi e soprattutto per Alessia).
Perciò, con questo stato d'animo di insoddisfazione, mi sono messo alla tastiera e in un forum specializzato ho chiesto semplicemente cosa avrei potuto fare in più per mia figlia.
Da genitore a genitore.
Mi è stato proposto l'ETC.
Già il nome racchiude un significato: Esercizio Terapeutico Conoscitivo
Ho approfondito e mi sono reso conto che fisioterapia non è necessariamente utilizzo di ausili. Fisioterapia non è necessariamente un'ora da sopportare. Fisioterapia non è necessariamente un'imposizione al bambino. Anzi...può essere tutt'altro!
Il problema è che non si trovano molte persone che utilizzano questo metodo.
Noi siamo dovuti andare a Pisa per entrare in contatto con questo metodo.
Abitiamo in provincia di Firenze e sono 100 km a andare e 100 km a tornare.
Già dal primo contatto per prendere l'appuntamento, ti rendi conto conto che si parla un'altra lingua.
La signora che si occupa degli appuntamenti mi ha spiegato che per una valutazione occorreva fare un incontro con il loro medico e dopo bisognava fare 5 incontri con la fisioterapista.
Dopo tutto questo ci avrebbero rilasciato una scheda di valutazione.
A noi, abituati a “visite lampo” di un'oretta, ci sembrava una cosa spropositata, ma intuendo che tutto questo poteva avere un senso, abbiamo deciso di provare.
Durante il primo incontro, quello con il dottore, Alessia è stata prevalentemente osservata. La bambina era un po' nervosa, ma a un certo punto è entrata nella stanza una terapista. Si è presentata, ci ha detto che avrebbe seguito lei Alessia durante gli incontri successivi, ha preso in braccio la bimba, le ha spiegato cosa stava succedendo con parole semplici e pacate e se l'è portata via con se. Io e mia moglie ci siamo guardati negli occhi e abbiamo pensato: ora dalle urla che caccia viene giù l'ospedale. I genitori di bambini con danni neurologici possono capire le difficoltà di Alessia a relazionarsi con sconosciuti in ambienti non familiari... Invece Alessia è rientrata nella stanza dopo dieci minuti tranquillissima, come se lei e la terapista si conoscessero da una vita!
Dopo qualche settimana abbiamo iniziato gli incontri con la terapista.
Per non stressare troppo Alessia, abbiamo fissato gli incontri il lunedì e il mercoledì mattina, dandole il tempo di recuperare fra un viaggio e l'altro.
Appena siamo arrivati, Alessia ha subito riconosciuto il posto e ha subito riconosciuto la terapista.
Si è fatta un'ora filata di terapia divertendosi a guardare e toccare i vari oggetti che gli venivano proposti. Quando siamo ritornati la volta successiva, si ricordava dell'esperienza precedente, e ha partecipato con ancora maggior interesse agli esercizi che le venivano proposti. Durante tutti e cinque i giorni è stata molto attenta e collaborativa. E' successa anche una cosa buffa. Una volta la terapista ci ha fatto accomodare nella stanza dove facevamo terapia, dicendoci che sarebbe arrivata subito. Quando Alessia l'ha vista uscire, si è messa a piagnucolare fino a quando la terapista non è rientrata, l'ha presa in braccio e ha cominciato gli esercizi.
Questo mi ha fatto capire che la terapia può essere anche un gioco che coinvolge il bambino, senza necessariamente costringerlo a fare.
Sono circa due mesi che Alessia segue questo metodo.
Non posso dire che in due mesi ci sia stato un miglioramento eccezionale, perchè non ho i mezzi ne le capacità tecniche per poterlo affermare.
Però Alessia ora è più attenta, guarda la televisione (cosa che prima le dava fastidio), riesce a tenere maggiormente il contatto visivo sugli oggetti, cerca il contatto con le mani, accarezza il mio viso e quello di mia moglie...ma soprattutto, durante l'ora di terapia, gioca!
Non so esattamente se tutto questo è merito dell'ETC, ma in due mesi Alessia è cambiata. E' più presente, più attenta, riesce a prevedere alcune cose che stiamo per proporle. A me e a mia moglie ci sembra maturata...
Spero che la mia esperienza possa servire a far capire che ci sono vari modi di fare terapia: ognuno ha le sue caratteristiche, ognuno ha vantaggi e svantaggi.
Ma bisogna rendersi conto di una cosa fondamentale: il tempo che un bimbo passa a fare fisioterapia dovrebbe essere il meno stressante possibile e dovrebbe esaltare le sue capacità.
Secondo me l'ETC si avvicina molto tutto questo.
Davide, il babbo di Alessia.

mercoledì 15 aprile 2009

lancio un appello ai genitori...

in questi giorni si moltiplicano le richieste di consulenze, qui a Roma e fuori. Premesso che al momento ho sospeso le valutazioni fuori Roma perchè sto valutando alcune proposte che mi sono state fatte e che non so ancora se accettare, nell'attesa cerco di far venire i pazienti qui a studio (che è molto più semplice per me visto che non devo portarmi appresso tutta la roba). In questo ultimo anno ho visto tanti bambini "di fuori": di molti ho ancora notizie, dai genitori e/o dai loro terapisti. di altri ho notizie per vie traverse, tuttavia mi piacerebbe saperne di più. chiedo ai genitori che seguono il blog e i cui bambini sono venuti in valutazione da me di mandarmi una email a ninnallegra@gmail.com per farmi sapere come va il percorso che hanno intrapreso, se l'hanno fatto, come si sono trovati, cosa hanno riscontrato, le differenze che hanno potuto osservare, le difficoltà e via dicendo.

io credo che siano importanti le testimonianze delle persone che scelgono di intraprendere (per quello che possono) questa difficile strada che è la riabilitazione, anche quando tutto (tranne tuo figlio) sembra andarti contro.

grazie a quanti risponderanno a questo appello!

trattati come cani.

Come alcuni di voi sanno, una delle mie grandi passioni sono i cani. ne abbiamo tre, tra cui una epilettica ed uno con l'idrocefalo (mia madre dice sempre che non potevo che fare questo lavoro). Il mio veterinario mi ha chiesto di andare a lavorare per lui qualche volta alla settimana per trattare i cani operati di chirurgia ortopedica e neurologica, ed io ne sarei veramente felice, anche per "staccare" un pò da un lavoro che effettivamente può essere a volte emotivamente pesante, e ricaricarmi un pò. ho cominciato ad informarmi cercando un pò su internet che cosa effettivamente si faccia per i nostri amici a quattro zampe a parte i "soliti" macchinari (laser, magnetoterapia, ecc.). non che avessi grande fiducia nella fisioterapia tradizionale dell'età evolutiva anche prima, ma sono rimasta a dir poco sconvolta nel riscontrare come gli esercizi che vengono proposti ai bambini siano esattamente gli stessi che vengono proposti ai cani. questo significa che si considera la complessità di un sistema come quello di un bambino, quindi di un essere umano, alla stregua di quella di un cane che a malapena ha la corteccia e in cui molte funzioni sono regolate da sistemi sottocorticali. parliamoci chiaro, io adoro i cani, e sono straconvinta (dopo aver fatto delle prove, da pazza scatenata che sono!) che il mio cane Mela abbia la comprensione (per alcune cose ovviamente) più o meno di un bambino di 13 mesi, quindi non sto dicendo che il cane non sia un essere intelligente. sto dicendo che quello che ci differenzia dal cane, come esseri umani, è qualcosa di più della semplice "stazione eretta" (che è un'emergenza del sistema e non un "riflesso di raddrizzamento"!!!), che ha a che fare con lo sviluppo dei nostri lobi frontali e delle nostre capacità percettive in relazione a scopi variabili. non è pensabile in alcun modo paragonare la nostra complessità neurologica/corporea a quella di un cane, eppure... attenzione a non farvi fuorviare pensando che siano i cani che vengono trattati come i bambini, perchè non è così: è il sistema-cane che, per quanto dotato di una sua complessità e di caratteristiche diverse dalle nostre, è ad un livello di organizzazione e variabilità inferiore (è per questo che le lesioni del cane recuperano molto più facilmente: perchè per quanto riguarda l'organizzazione neurologica si tratta di sistemi più semplici), quindi sono i bambini, che vengono trattati come i cani, e non viceversa.



Golden Retriever sul pallone bobath



Bassotto sul pallone bobath
(dicitura specifica: per stimolare equilibrio, coordinazione e forza muscolare. ponendo la palla sotto l'addome del cane si favorisce un equilibrio statico; muovendo la palla lentamente in avanti e indietro e lateralmente si stimola invece un equilibrio dinamico, in quanto gli arti si muovono alternativamente mentre la palla viene spostata)



Pinscher sulla "pedana propriocettiva"
(cane con disturbi neurologici, la dicitura specifica: inclinando la tavoletta vengono stimolate le vie propriocettive per una corretta postura [...] il soggetto acquisisce consapevolezza della posizione del proprio corpo e in particolare, dei propri piedi rispetto al terreno)


bassotto che esegue il "percorso psicomotorio"
(la dicitura specifica: i pazienti ortopedici e neurologici che necessitano di affinare maggiormente il controllo volontario possono trarre beneficio dal percorso a ostacoli. ponendo gli ostacoli a varia altezza incoraggeremo un ROM attivo con una maggior estensione e flessione delle articolazioni e variando la distanza tra gli stessi lavoreremo sull'equilibrio, la coordinazione e la propriocezione)


labrador che esegue il corrispettivo del "paracadute"
(trasferimento di carico sugli arti anteriori, dicitura specifica: esercizio chiamato "carriola" stimola la coordinazione, la propriocezione e l'equilibrio)



Io non so veramente cosa dire. questi quattrozampe erano affetti da disturbi neurologici, e la riabilitazione è (giustamente) stata fatta in questo modo. ovviamente viene messo un biscotto per stimolare il cane al movimento, vengono utilizzati macchinari "passivi", perchè non riesco proprio ad immaginare nel cane (perchè semplicemente non c'è neurologicamente) un livello di intenzionalità pari a quella di un essere umano tale da strutturare esercizi che coinvolgano processi cognitivi complessi. quello che mi sconvolge è riscontrare nei fatti come i bambini vengano trattati a livello riabilitativo nello stesso modo: riflessi, riflessi, riflessi. addirittura ancora con esercizi di stampo comportamentista, risposta giusta e biscotto, esattamente come ho fatto con Mela per insegnarle il "seduto" e il "terra". questo è profondamente triste.

mi rivolgo ai terapisti: forse sarebbe ora di rendersi conto che un bambino è molto, molto più complesso di un cane. e probabilmente (ci tengo: il probabilmente è ironico) si merita molto di più sul piano riabilitativo di un biscotto o di un pallone su cui essere appoggiato.

martedì 14 aprile 2009

il papà chiede: la bambina non ha diagnosi e mantiene il braccio destro al petto. cosa si può fare?

Ciao Fabiana, mi chiamo L. e scrivo da Faenza (RA).
Ho avuto il tuo contatto da M. ed eccomi qui a scriverti pur non sapendo neppure cosa chiederti. Ma credo che se ti parlo di I. forse tu potrai in un qualche modo cercare di fare un pochino di ordine nel disordine che ho in testa in questo periodo. Innanzi tutto mi scuso per la sfacciataggine del darti del "tu", ma credo sia il modo migliore di avere un approccio in queste situazioni.
I. è la mia quarta figlia, ha 9 mesi ed è nata con una labioschisi monolaterale sinistra (dignosticata al 5 mese di gravidanza).
Appena nata ci siamo resi conto che I. era una bimba un po' particolare (e chi non lo è???), che aveva esigenze diverse dagli altri nostri figli, protestava per tutto (anche solo l'essere toccata da una mano fredda), era difficile allattarla (incredibile, mia moglie ha esperienza da vendere in questo campo) e lo si riusciva a fare solo in assoluta tranquillità, magari stendendola su una superficie solida e stranamente era sempre irrequieta, poi sembrava che avesse qualche problema nel tenere in bocca la tetta e spesso aveva dei conati... ma comunque erano tutte cose che non ci allarmavano.
All'età di due mesi ha fatto l'intervento per correggere la labioschisi durato tre ore e mezzo e durante il risveglio ha avuto brevi apnee, poi non riusciva a svegliarsi dall'anestesia e per 12 ore consecutive ha dormito e si svegliava un attimo solo se fortemente stimolata.
Questo ha preoccupato anche l'anestesista ("vostra figlia mi ha fatto perdere 10 anni di vita" "la sua reazione non è giustificata dalla quantità di anestesia che ha ricevuto" "fate sempre presente che ha avuto questo problema di risveglio se dovrete fare altre anestesie") tanto che alla sera le ha fatto un emogasanalisi che comunque aveva valori corretti.
Tornati a casa I. a noi è sembrata subito molto strana, aveva atteggiamenti mai riscontrati prima di quel momento, fissava in continuazione a sinistra tanto che più volte io e mia moglie ci siamo chiesti se aveva subito danni neurologici.
Ma in un primo tempo abbiamo pensato che era l'anestesia da smaltire completamente, anche se mia moglie (infermiera di ostetricia e ginecologia) non ne era del tutto convinta.
Con il passare delle settimane I. aveva meno dolore ed ha ripreso a mangiare con regolarità, anche se certi suoi atteggiamenti ci stupivano.. era sempre contratta con le braccine ripiegate sul petto, non era mai rilassata ed era poco stimolata da ciò che la circondava.
Con il passare dei mesi I. continuava a mostrare un evidente ritardo psicomotorio ed il suo carattere era totalmente cambiato da come era. Non piangeva più, neppure durante i prelievi di sangue (si limita a fare una piccola smorfia), ma comunque, anche se con un po' di ritardo rispetto a quello che ci aspettavamo, ha iniziato ad essere stimolata da ciò che le capitava all'esterno e continuava a sorridere a tutti e a tutto (ma quello lo ha sempre fatto, ha iniziato a sorridere ad un tappeto appeso al muro quando ancora era piccolissima).
Da circa due mesi anche i medici hanno preso atto che I. ha dei problemi e stanno cercando di trovare una causa (esami metabolici, eco cerebrale, elletroencefalogramma...) ma senza aver ancora trovato nulla, hanno già detto che sarebbe opportuno fare una RMN ma mia moglie non si sente di fare una sedazione alla bimba dopo quello che è successo con l'anestesia per l'intervento.
Ha iniziato la riabilitazione da un paio di mesi, ma ha saltato parecchie sedute a causa di continue bronchiti.
I. ha un ipotonicità marcata al busto e al collo (inizia a reggerlo un po' adesso), non stà ancora seduta se non per pochissimi secondi, se messa nel passeggino o in un seggiolone dopo un po' si appoggia su un fianco, se viene messa a pancia in giù adesso riesce un po' a sollevare il collo ma non ha la posizione paracadute (si insomma, non si appoggia sulle braccia), adopera quasi esclusivamente il braccio sinistro mentre il destro lo tiene quasi sempre stretto al petto, non usa mai il palmo della mano ma quando cerca di prendere gli oggetti lo fa con la punta delle dita.
Le è stato riconosciuto lo stato di handicap grave rivedibile a tre anni per il suo problema psicomotorio e la fisioterapista ci ha detto che ci vorrà tanto tempo prima di vedere dei risultati e che non si parla di mesi ma di anni.
Ma nessuno sa cosa abbia I. e quindi non credo sia facile fare previsioni.
Per me tutto questo è un mondo nuovo, inesplorato, e sto cercando di iniziare a capire un po' cosa è importante fare per Irene, per poterla aiutare, per poter fare delle scelte al momento che ci si porranno davanti.
La fisioterapista ha un'esperienza trentennale ma non so se stiamo facendo le cose giuste.
Hai qualche cosa da dirmi per aiutarmi? Mi piacerebbe molto fartela vedere, credi che una visita possa farti capire qualcosa di più?
Dai Fabiana, so che non è facile dare consigli per mail, senza aver visto la cucciola, ma prova a fare il possibile.
Grazie per il tempo che mi hai dedicato nel leggere la mail, ciao.
L.

Caro L,
partiamo dalla diagnosi. Non ho capito effettivamente se si tratti di una emiparesi (visto che tu parli solo dell'arto superiore, ma suppongo che anche quello inferiore abbia problemi) o di una tetraparesi maggiore a destra (visto che c'è compromissione del capo e del tronco e vista la situazione nei primi mesi successivi all'intervento), ma da quello che racconti sembrerebbe proprio un danno cerebrale (forse avvenuto nel corso dell'intervento o forse precedente, questo non lo posso sapere) - in questi casi gli esami metabolici non danno esito e spesso anche l'EEG è normale-, o comunque un problema centrale con una focalità maggiore nell'emisfero di sinistra. Penso ad una paralisi cerebrale sia per la maggiore compromissione dell'arto superiore destro in termini di ipertono (o ho capito male?) ma soprattutto ti confesso che appena ho letto "guardava solo a sinistra" il mio primo pensiero è stato la parte destra sarà la più compromessa, mano chiusa a pugno ed ipertono, confermato poi da quanto ho letto dopo.
in qualsiasi patologia (sindrome genetica, lesione cerebrale, ecc.) è riscontrabile una lateralità: in alcuni casi è manifesta, in altri bisogna saper osservare, ma c'è sempre un lato dove il bimbo opera (guarda, utilizza, considera) meno rispetto all'altro. di solito i bambini con maggiore compromissione nell'emilato di destra risultano impacciati anche nell'emilato di sinistra a causa di aspetti che "somigliano" a quelli dei bambini con disprassia (disturbi visuospaziali, problemi somestesici, ecc.).
Tu dici che inizialmente la bimba teneva entrambe le braccia chiuse: può darsi (ma non posso saperlo, senza vederla, faccio solo ipotesi dal poco che mi hai scritto) che si tratti di una tetraparesi che sta "sfumando" in una emiparesi, probabilmente il suo cervello si sta riorganizzando: piano piano vedrai che comunque il danno, almeno in parte, si limiterà (e questo è il bello della plasticità neuronale), anche se purtroppo devo farti presente che non si tratterà solo di "aspettare che si riorganizzi": autonomamente, o con un trattamento riabilitativo scadente, la bambina si stabilizzerà nel giro di pochi anni, che invece dovrebbero essere sfruttati per un trattamento di qualità e per fare in modo che continui a migliorare per moltissimo tempo (cosa che ti posso assicurare, AVVIENE).
comunque, per venire a conoscenza esattamente della localizzazione ed entità del danno (se dovesse esserci) -pur facendoti presente che l'esame strumentale non necessariamente conferma il dato clinico, vedi i casi di risonanze disastrose e bambini quasi asintomatici, e lesioni microscopiche con bambini gravissimi- l'unico modo è la risonanza; per questo probabilmente sarebbe opportuno fare più di un colloquio con anestesisti esperti; so per certo però che è possibile fare la RM anche in semplice sedazione e non in anestesia per i bambini: per questo sarebbe meglio rivolgersi ad una struttura specializzata in esami sui bambini.

tornando ai problemi della bimba (per quanto possa dirti, non vedendola: non posso darti molti consigli specifici perchè ogni bambino è diverso e dovrei valutarla per poterti dire qualcosa di più), leggo dalle tue parole che la sua terapista è una bobathiana, e che quindi la bimba verrà messa sul pallone, o prona per farle alzare il capo, rotolamenti vari, e via dicendo.
devo dolorosamente constatare come nonostante passino gli anni, quella che viene propinata è sempre la solita roba. non so se tu abbia letto un pò il blog, comunque ti faccio presente che:
- qualsiasi attività che aumenti il tono (es. farla mettere prona per far alzare il capo) è assolutamente controproducente. il comportamento di mantenimento del capo non è un riflesso ma un comportamento emergente da necessità conoscitive complesse. con ogni probabilità messa prona, al tentativo di tirare su la testa, la bambina irrigidisce arti superiori ed inferiori, incrementando lo schema patologico in flessione che già ha.
tieni conto che lo stesso movimento -prendiamo come esempio quello di puntare il dito su qualcosa- se fatto con lo scopo di indicare, di sentire la consistenza, di spostare un oggetto, di sentirne la superficie, di pungere, e via dicendo, attiva di volta in volta aree cerebrali diverse. quindi la ripetizione del gesto afinalistico di per sè (non basta "metterle un giochino davanti" per sostenere che si tira su per guardare!!!!) non permette di organizzare la variabilità necessaria che ci caratterizza come esseri umani e che ci fa essere quello che siamo.
fenomenicamente vedrai che la bimba tiene il capo, ma a livello neurologico quello che sta tirando fuori è un comportamento rigido, che emerge da un aumento dell'irradiazione. si tratta dunque di un comportamento DA EVITARE ASSOLUTAMENTE perchè non è un miglioramento. è sfruttamento della patologia.
- come ho già scritto molte volte (ma non saranno mai abbastanza!) il rotolamento, lo striscio, il gattonamento, la stimolazione del "paracadute" non sono prerequisiti di NULLA e non servono a niente. la capacità di svincolare l'arto dall'attività di base di appoggio all'attività di manipolazione emerge dalla costruzione di informazioni complesse e comportamenti complessi tra cui: informazioni tattili, visive (fissazione prolungata, inseguimento, coordinazione occhio-capo, frammentazione dei movimenti oculari da quelli del capo), visuospaziali, coordinazione occhio mano e occhio piede, capacità di trasferimento di carico in compiti di esplorazione visiva, attenzione selettiva e via dicendo. in ogni caso, e lo sottolineo pure, NON è un riflesso! è tutto molto più complesso di come ti vogliono far passare, e la ripetizione di esercizi sempre uguali non tirerà fuori nulla dalla tua bimba, che non avrebbe tirato fuori comunque anche da sola (anzi, e questo lo dico spessissimo: purtroppo spesso vedo che bambini che sono stati mal-trattati piuttosto avrebbero fatto meglio a non fare assolutamente nulla e sarebbero stati molto meglio!)
- il trattamento dovrà mirare a far prendere alla bambina consapevolezza del suo corpo: inizialmente bisognerà che si renda conto che anche il lato sinistro è suo, che lo deve percepire, guardare. l' "utilizzo" della mano verrà di conseguenza. prova ad immaginare di non sapere di avere un braccio, con ogni probabilità non lo utilizzerai perchè non ne hai nessuna consapevolezza, e ti organizzerai come puoi utilizzando solo l'altro, non sapendo neanche di poter fare diversamente. il tenere il braccio al petto con la manina chiusa è un indice di una scarsa consapevolezza, e quindi il problema si sposta dal piano "non lo usa" a "non lo sente". questo ovviamente sul piano terapeutico cambia completamente il tipo di approccio, e vengono a cadere tutte le proposte dove si "forza" la bambina ad utilizzare quell'arto.
- ti faccio presente che le parole della terapista non mi trovano assolutamente d'accordo. non è vero che i risultati "si vedono dopo anni": i risultati si vedono NELL'ORA DI TERAPIA. i bambini cambiano, se vengono trattati bene, e cambiano anche molto velocemente. non è pensabile che un bambino faccia le stesse cose per mesi, anni. una bambina di nove mesi cambia gli esercizi di settimana in settimana, perchè DEVE MODIFICARSI. se non si modifica, la colpa è del terapista, punto. un bambino trattato bene e assiduamente, e questo è più visibile se è piccolo, in molti casi dopo sei mesi non sembra neanche lui! è disonesto sostenere che "si tratta di aspettare" o "bisogna vedere come reagisce..." perchè questo è scaricare le proprie responsabilità terapeutiche. bisogna stabilire degli obiettivi molto precisi, da raggiungere in tempi brevi: modifiche ad un massimo di 10 mesi ed obiettivi a breve termine a un mese e mezzo-due. questo permette di lavorare consapevolmente e di essere certi (verificando gli obiettivi) che quello che si sta facendo ha un senso. a nove mesi sostenere che "ci vorranno anni per vedere dei risultati" è veramente triste! il sistema nervoso è plastico ed apprende attraverso l'interazione: questi bambini si meritano qualcuno che abbia fiducia nelle loro capacità, ma anche che sappia cosa sta facendo, che si interroghi e che si prenda le sue responsabilità sul piano terapeutico.
- se la bimba ancora non mantiene il capo, non è ancora pronta per la posizione seduta (che è un comportamento veramente molto complesso): va trattata da supina e, se possibile, in posizione long sitting (appoggiata al muro con le gambe stese). di questo mi raccomando perchè ne va delle anche della bimba.
- fate attenzione a chi è "statico" proponendo sempre le stesse cose per tutti... vostra figlia ha sicuramente dei problemi, ma si merita un trattamento più che personalizzato, specifico per lei, che tenga conto non solo di "quello che non fa" ma soprattutto di come può cambiare.

a volte, quando mi si chiede cosa faccio per lavoro, mi tocca sentire cose tipo "io non ce la farei mai! con tutti i bambini che soffrono!". io cerco di far capire che nella maggior parte dei casi, chi soffre non è di certo il bambino; inoltre mentre il medico fa "una fotografia" della situazione, il terapista non vede quello che è, ma quello che può diventare, ed ecco che la prospettiva cambia del tutto. è vero che ci si ritrova catapultati in un mondo sconosciuto dove spesso non valgono le regole note e bisogna costruirne delle altre, ma è possibile vivere serenamente, essere consapevoli di quello che si fa ed andare sempre avanti con la coscienza che si tratta di un percorso in salita ma assolutamente non privo di soddisfazioni e progressi. in bocca al lupo e tenetemi aggiornata.

giovedì 9 aprile 2009

sono sempre qui!

Rieccomi dopo un piccolo periodo di assenza. in realtà mi sono comunque dedicata a rispondere a quattro o cinque domande a cui ho ritenuto di dare una risposta privatamente. Ho fatto qualche valutazione, e l'ultimo bimbo visto ieri dovrebbe entrare in terapia da dopo pasqua (della storia di questo bimbo mi piacerebbe poi parlare nei prossimi giorni perchè è esemplare dell'atteggiamento generale verso la riabilitazione da parte degli "addetti ai lavori" e di come questo possa danneggiare i bambini e le famiglie). sto valutando ancora alcune proposte che mi sono state fatte, tra cui la possibilità di incontrare il Professor Nicola Cuomo (cosa che mi interesserebbe molto), noto pedagogista di Bologna con cui, seppur per strade diverse, condivido intenti e percorso di studi (non a caso si parla di interdisciplinarietà delle neuroscienze).

comunque, a parte le mie vicissitudini lavorative, vorrei aprire una parentesi per fare una considerazione relativamente allo studio di quella che è questa "ostica" materia che è la riabilitazione. da molto c'è l'annuncio a lato del blog dove c'è scritto che cerco una tirocinante. ebbene, in questi mesi sono stata contattata da moltissime studentesse apparentemente entusiaste e vogliose di imparare, con cui ho intrattenuto brevi conversazioni via email o molto più spesso lunghe telefonate in cui ho spiegato la mia posizione sul piano riabilitativo ed etico ed in cui ho ascoltato, per decine di volte, la stessa storia delle scuole che non formano, dei docenti che non sanno insegnare, dei contenuti che non vengono passati, dei tirocini inutili. ho proposto il mio aiuto (ovviamente gratuito) ad insegnare quello che so, che seppur non molto, è sicuramente meglio della grande maggioranza di quello che c'è in giro; ho inviato proposte concrete di partecipazione ai gruppi di studio e alle attività dell'Associazione che, mi si permetta, sono di un peso culturale notevole e permettono veramente di circondarsi di persone che hanno voglia e volontà di imparare e studiare; in cambio ho ricevuto entusiastiche manifestazioni verbali di volontà di apprendere, di imparare, grandi entusiasmi e tanti sì voglio venire non vedo l'ora.
Ai fatti, a parte una ragazza che è venuta per un paio di settimane un paio di mesi fa e che poi ha (fortunatamente) trovato lavoro e che si è comportata più che correttamente, mi sono trovata con un vuoto totale di correttezza da parte degli studenti. richieste di informazioni le cui risposte sono cadute nel vuoto (che chiedi a fare se poi non mi rispondi?), email senza risposta (non mi contattate se non volete una risposta!), addirittura persone che prendono appuntamento e poi non si presentano senza neanche avvertire, cosa che nella mia vita professionale, con i pazienti mi era capitata una volta sola.

al di là del fatto che ora toglierò l'annuncio di ricerca di una tirocinante perchè sono un pò stufa di sentirmi presa in giro e di perdere tempo, il mio consiglio per tutti gli studenti a questo punto è: se volete imparare davvero, non vi arriverà a casa una busta con dentro un bignami impara la riabilitazione in 10 mosse in una settimana. se non vi sentite soddisfatti da quello che le scuole vi passano, è vostro dovere (nei confronti della professione che state intraprendendo e dei pazienti che tratterete) informarvi, cercare, circondarvi di persone che hanno la volontà, la voglia e l'impegno di portare avanti un certo tipo di professionalità. e muovervi. questo implica impegno, tempo, studio e sicuramente sacrificio, ma lamentarvi e basta non cambierà la vostra situazione (a parte farmi perdere tempo prezioso in cui potrei fare altro), anzi, probabilmente la cambierà in peggio perchè più in là potreste guardarvi indietro e scoprire di essere diventati proprio come quei terapisti di cui tanto dicevate male. a proposito di lamentarsi e basta, consiglio a tutti di leggere questo articolo, ed in generale un pò tutti i contenuti del blog di Antonella Randazzo. bisogna prendere consapevolezza delle scelte che si fanno: anche le non-scelte sono delle scelte, e molto spesso danneggiano tutti.