Salve,
sono una pedagogista.
Ho avuto modo di leggere della tua esperienza per caso sul tuo blog.
Cercavo notizie su disturbi visuospaziali collegabilia alla dislessia.
Volevo sapere se conosci il metodo Delacato e che cosa ne pensi.
Inoltre, mi piacerebbe sapere se come pedagogista avrebbe senso formarsi alla ETC.Grazie e buon lavoro.
sono una pedagogista.
Ho avuto modo di leggere della tua esperienza per caso sul tuo blog.
Cercavo notizie su disturbi visuospaziali collegabilia alla dislessia.
Volevo sapere se conosci il metodo Delacato e che cosa ne pensi.
Inoltre, mi piacerebbe sapere se come pedagogista avrebbe senso formarsi alla ETC.Grazie e buon lavoro.
Rispondo prima alla seconda domanda che è più breve: certo che ha senso!! "la" ETC non è una "la" ma è un "il": si chiama Esercizio Terapeutico Conoscitivo. Ha senso a mio parere per tutte le figure che ruotano intorno alla persona, presso la nostra Associazione da sempre promuoviamo l'idea che TUTTI (psicologi, logopedisti, terapisti, insegnanti ecc.) si possano e debbano formare secondo un'ottica sistemica, di modo che chi si occupi di apprendimento abbia una formazione adeguata e smetta di trattare "un pezzo" (gli occhi, il linguaggio, il "motorio", il "cognitivo"...) avendo finalmente gi strumenti per trattare la persona, adulto o bambino che sia. Infatti presso di noi si formano figure professionali di tanti tipi, dall'insegnante di sostegno, alla logopedista, alla psicologa; financo qualche genitore che aveva voglia di capire meglio il perchè si proponga un percorso piuttosto che un altro, ha fatto corsi da noi (non certo per diventare terapista, ma per capire meglio come aiutare il proprio bimbo).
Per quanto riguarda la seconda domanda, cercherò di essere breve. Il metodo Delacato, figlio del Doman, e simile per la sostanza ad altri approcci come ad esempio il Dotzo, nacque e crebbe in un'epoca in cui la cibernetica stava prendendo piede. Poichè come sai le neuroscienze sono interdisciplinari, il cervello era allora visto come un computer a scompartimenti, in cui "bastava" riempire uno scompartimento per colmare la lacuna. Questo in sostanza significa che la ripetizione pedissequa di un gesto, di una "stimolazione" e via dicendo, colma la lacuna di quello scompartimento (tattile, o "motorio" o "visivo", ecc.). Gli esercizi sono quindi ripetizioni a manetta di movimenti, gesti o stimolazioni. L'attenzione del bambino non è rilevante in tutto questo (ad esempio: la "stimolazione" tattile può consistere nello spazzolare il bambino anche per 30 minuti consecutivi su tutto il corpo, mentre il bambino può tranquilamente pensare agli affari suoi).
Oggi sappiamo (basta leggere uno qualsiasi degli studi di neuroscienze degli ultimi 20 anni) che il cervello NON funziona come un computer, NON impara per ripetizione, e la "stimolazione" non ha alcun senso, mentre si parla oggi di INFORMAZIONE e di percezione come processo attivo in cui il bambino deve prestare attenzione. Per altro (e questo ce lo dice la PET, la risonanza magnetica funzionale), lo stesso gesto fatto cento volte con 100 scopi conoscitivi diversi (muovere il braccio e l'indice per indicare, per spostare, per andare a vedere meglio, per toccare un puntino, per sentire se l'oggetto è duro o morbido, per sentire se è liscio o ruvido) fa accendere 100 aree diverse del cervello, anche se fenomenicamente io vedo sempre la stessa cosa. Questo significa che è completamente inutile ripetere cento volte un movimento per ottenere una "riabilitazione" di quel dato movimento. Il cervello apprende attraverso l'uso dei processi cognitivi, diversamente attivati a seconda dello SCOPO CONOSCITIVO del movimento, e non dell'aspetto FENOMENICO del movimento stesso (la contrazione muscolare). Inoltre, il percorso "a tappe" proposto da questi approcci è assurdo: si sa da decenni che il bambino non "deve" strisciare (non ho MAI visto un bambino sano che striscia, MAI!), non "deve" gattonare (il 90% dei bambini sani non gattona affatto, o se lo fa, è per una settimana prima di mettersi in piedi: non è mica una tappa!), e men che mai deve stare in ginocchio! Il bambino costruisce la sua conoscenza per necessità conoscitive: guardare, manipolare, toccare, sentire, e NON "muoversi"!
Detto questo, ne ricaviamo che:
- la teoria di base del Doman o del Delacato o di tutti gli altri approcci similari è errata: andava bene per gli studi che A QUEL TEMPO si facevano sul cervello, ma ad oggi sappiamo che il cervello NON funziona in quel modo, ma in tutt'altro modo.
- gli esercizi sono sbagliati (se la teoria è sbagliata, gli esercizi sono sbagliati, c'è poco da fare): il percorso proposto "a tappe motorie" è stato smentito decenni fa (consiglio di leggere a tal proposito questo libro che parla della costruzione della coscienza nel bambino smentendo -come altri prima di Stern- l'idea delle "tappe" sovrapposte).
- e' sbagliata la modalità: se il bambino non sta attento in modo specifico, NON IMPARA NULLA, al massimo può essere "addestrato", ma come sappiamo i bambini non sono cani. Per di più, studiando come funziona l'apprendimento, saprai bene che quando si impara qualcosa di nuovo, inizialmente aumenta la produzione di mediatore chimico per un breve lasso di tempo: quando questo mediatore termina, si verifica la fatica neuronale e il bambino - come l'adulto- non riesce a stare più attento. A quel punto si appoggia sulle vecchie connessioni (quelle utilizzate attraverso la patologia) consolidandole. Quindi: 5 minuti di attenzione sono 5 minuti di apprendimento e di modifica delle sinapsi, 10 ore di movimento a casaccio sono 10 ore in cui si spinge il sistema verso la patologia.
Ho tralasciato qui l'aspetto etico che considero strettamente collegato e fondamentale, e che riassumo brevemente qui: il mio pensiero è che la responsabilità della riabilitazione non deve essere accollata alle famiglie: i genitori devono comprendere ed inserire nel loro ruolo (che è quello dell'accudimento e dell'inserimento del bambino nella rete di significati costituita dalla società) le modalità più adeguate per favorirne lo sviluppo, che si tratti di bambino sano o con patologia. Trasformare la vita in una corsa alla ricerca di soldi per pagare queste terapie che stroncherebbero anche Rockfeller (il che dovrebbe quantomeno metterci "in allarme" quanto a validità dell'approccio) e scandire la giornata in ore tutte uguali dedicate a far muovere il bambino come una marionetta è assolutamente inefficace anche per lo sviluppo psichico del bambino, che deve essere lasciato libero di sperimentare TUTTI gli aspetti della vita (perchè costituiscono apprendimento esattamente come per i bimbi "sani"): il gioco, il riposo, l'interazione, i ruoli diversi, la scuola, il confronto con i pari, ecc.
Inoltre, sfascia letteralmente la famiglia rendendo vano qualsiasi tentativo di modificare il modo di vedere il bambino, non più come una "macchina rotta da aggiustare" ma come un essere con sue modalità di pensiero, di relazione, di interazione.
Le famiglie che ho conosciuto che praticavano questi tipi di approcci avevano tutte delle caratteristiche comuni, che non starò qui ad esplicitare per ovvi motivi. Il fatto che alcuni bambini "migliorino" (anche se sarebbe da valutare, visto che spesso vedo valutare come miglioramenti quelli che per me sono peggioramenti...) è da addebitare ad un fattore che spesso i terapisti tendono a "dimenticare" (diciamo così...): tutti i bambini migliorano, perchè crescono. Alcuni sono particolarmente fortunati, e nonostante le cose assurde che gli vengono fatte fare, tirano fuori qualcosa. Altri lo sono molto meno, e si arenano sulla patologia. Purtroppo la scelta dei genitori non è sempre consapevole (poche spiegazioni, pochi mezzi culturali, o anche solo la disperazione), e tende a volte a fermarsi dove viene fatta una proposta in cui la responsabilità viene addossata alla famiglia ("io sono la madre, chi meglio di me può sacrificarsi per mio figlio? io stravolgerò la mia vita, ma lo posso fare perchè lo farò per lui, non fa niente se mi indebito, non voglio pentirmi in futuro di essere stata avara con la sua salute, ecc." e via dicendo). In realtà studiare il cervello è qualcosa di infinitamente complesso, e riabilitare un bambino non significa "farlo muovere". Sarebbe ben semplice...
Spero di essere stata esauriente anche se non ho scritto tutto (avrei riempito tutto il blog). Comunque se vuoi, a gennaio parte il corso quadriennale in riabilitazione neurocognitiva presso la nostra Associazione. Non ripartirà per i prossimi due anni, perchè abbiamo anche il secondo anno degli studenti da gestire. Se vuoi informazioni puoi contattare Stefano Gusella.
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