venerdì 10 febbraio 2012

Come si capisce se la terapia è valida o no?



Buongiorno, e grazie per la bella ed importante attività da Lei svolta sul suo blog.

A settembre è nata nostra figlia E.; ricoverata in ospedale perché piccola per età gestazionale (pesava 2 kg a 39 settimane), pochi giorni dopo la nascita un'ecografia cerebrale seguita da RMN ha evidenziato una lesione cerebrale nell'emisfero destro. La bambina ha cominciato una serie di indagini per monitorare la situazione clinica: da vari EEG è stata per adesso esclusa la predisposizione a crisi epilettiche, mentre una prima visita neurocomportamentale a 2 mesi non ha evidenziato niente di patologico. Ora ha quattro mesi, ed un successivo controllo ha invece mostrato una lieve ipomobilità del lato sinistro (mano e piede), per cui ci è stato suggerito di iniziare una fisioterapia, che noi affiancheremo alla musicoterapia umanistica, essendo mia moglie operatrice in questo settore.

La domanda che volevo farLe è se potesse indicarci alcuni criteri per valutare l'operato di un terapista, in altre parole cosa osservare per capire se una terapia sia realmente efficace. Le chiedo inoltre (se possibile) se effettivamente questa possa essere l'età adatta per la bambina per cominciare tale percorso e se in generale un trattamento così precoce possa farci sperare in un maggiore "recupero".

Cordialmente,

GS

Comincio dalla seconda domanda, rimandando ad un vecchio post che riguarda i fattori che influenzano il recupero. Ovviamente iniziare precocemente la riabilitazione è quantomeno indicato (dobbiamo dare merito a Vaclav Vojta per aver parlato per primo di trattamento precoce - anche se poi la proposta riabilitativa dello stesso era molto povera), ma il problema è ovviamente COSA FA, e non "quando" o "quanto". Perdere tempo è inutile, visto che è assodato un problema di natura neurologica, ma è importante fare una scelta sensata nell'ambito delle varie proposte riabilitative o pseudo tali. 
Voi siete all'inizio di questo percorso, quindi vi preparo già da ora al fatto che nei prossimi anni vi verrà proposta ogni tipo di panacea: attrezzi e accrocchi di ogni tipo, farmaci, interventi chirurgici, riabilitazioni miracolose superintensive con cicli di due settimane all'anno a sei ore al giorno in ogni luogo del mondo, e via dicendo. Ecco cosa ne penso:

- la riabilitazione deve essere RIABILITAZIONE, cioè un percorso continuativo (due settimane all'anno non servono A NIENTE, anche ammesso e non concesso che sia la miglior terapia del mondo) con obiettivi chiari stabiliti e condivisi (ecco come si imposta un trattamento), non una presa d'atto del tipo "è migliorato": tutti i bambini "migliorano", perchè crescono. Questo non significa che sia tutto "merito" della terapia: in alcuni casi si vedono bambini migliorare NONOSTANTE quello che gli veniva fatto! Ricordatevi che vostra figlia ha un'emiparesi, quindi camminerà e farà più o meno tutto, ma è importante studiare e capire COME fa le cose per poterne modificare il comportamento.

- questo è un percorso, un viaggio, e va affrontato come tale. Non è quello che ci si immaginava, ma è una strada percorribile: a volte un pò più faticosa (anche se non è detto), ma non priva di soddisfazioni. esattamente come in ogni percorso, è necessario essere consapevoli passo dopo passo, piuttosto che guardare ossessivamente ad una "meta sconosciuta". "quando camminerà?" è una domanda poco sensata se il bambino non controlla ancora il capo: è più utile capire cosa si può fare OGGI piuttosto che "aspettare qualcosa".

- la terapia non deve essere qualcosa di noioso, doloroso, fastidioso, ripetitivo, o una richiesta continua di "fare delle cose": nessun bambino impara in questo modo, che sia sano o che abbia una patologia.

- evitare come la peste persone che dicono: è troppo grave (e quindi non si tratta?), è troppo lieve (e quindi non si tratta?), quando crescerà ci si potrà lavorare meglio,(il che significa che quando cresce la riabilitazione sarà semplicemente dirgli "apri la mano! metti giù il tallone!"  - se bastasse dirglielo e se soprattutto servisse non avremmo più paralisi cerebrali...), non ci si lavora bene perchè non sta attento (se stava attento era al parco, non in terapia), signora si accontenti, le è andata bene (può anche andare bene, ma bisogna guardare la qualità del recupero, non solo "cosa fa" ma soprattutto "come"!), il bambino non ha volontà, è svogliato, non vuole lavorare (vergognoso: accusare un bambino che va aiutato di una propria incapacità di aiutarlo, per di più in barba a tutti gli studi di neurofisiologia degli ultimi 40 anni dove la "volontà" è stata praticamente cancellata come concetto), e via dicendo.

- la riabilitazione non deve essere qualcosa che "potete ripetere a casa": manovre e movimenti e cose "da far fare"  pedissequamente cento volte allo stesso modo non sono "riabilitazione" per come si può riabilitare oggi. Il bambino deve essere fatto PENSARE E SENTIRE IL CORPO (sì, anche se neonato e sì, anche se gravissimo), e non "muovere". Questo significa che vi deve essere spiegato come comportarvi con il bambino, quali giochi hanno senso e quali no, quali parole usare e quali no, cosa fargli vedere, toccare, sentire, e come. e NON "cosa fargli fare"!


In generale, le regole per me fondamentali sono: 

  • Se togliendo mentalmente vostro figlio dalla situazione riabilitativa che osservate e mettendoci un eventuale bambino senza patologie, vi sembra qualcosa di assurdo, ebbene, FIDATEVI, è perchè lo è. Qualsiasi cosa che a livello riabilitativo non fareste fare ad un vostro bambino sano, non ha senso neanche per il vostro figlio con qualsivoglia patologia. Questo ovviamente (non ci sarebbe nenche bisogno di dirlo) non significa semplicemente "farlo divertire" (vedere il post linkato sopra su come si imposta un trattamento), ma che quantomeno se piange urla si annoia o pensa agli affari suoi, di certo non imparerà nulla.
  • Non importa quello che vi dicono: qualsiasi scelta effettuerete, ci sarà sempre qualcuno che vi dirà che "potevate fare di più". Il problema non è "di più", il problema è la qualità: abbiate buon senso, non vi fate abbindolare da chi cerca di "vendervi" qualcosa, chiedetevi sempre quali interessi ci sono dietro (quando vi propongono un "prodotto", ricordatevi che quel prodotto ha un costo) e pensate sempre che voi siete gli unici che avete un unico e solo interesse, vostro figlio.
  • Andate oltre i sensi di colpa che normalmente vi assalgono per "non aver fatto abbastanza", queste sono imposizioni culturali che ci portiamo dentro filogeneticamente ma che non hanno senso. Bisogna fare quello che serve, non "tutto quello che esiste". Esistono cose utili, cose dilettevoli, inutili perdite di tempo e anche cose molto dannose. E la famiglia deve restare una famiglia, il bambino deve restare un bambino e non una macchina rotta che "va aggiustata", e soprattutto la vita deve restare vita, sia per il bambino che per la famiglia.
Riguardo alla scelta del tipo di approccio riabilitativo... beh, se siete qui e leggete questo blog non credo ci sia bisogno di dire quale riabilitazione per me abbia senso...

Buon Viaggio. 

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