giovedì 10 febbraio 2011

il terapista chiede: come si imposta un trattamento?

Buongiorno,

sono un giovane laureato in fisioterapia che ha iniziato da poco il suo percorso lavorativo in un centro di Riabilitazione.

Ho avuto modo in queste ore di navigare sul suo blog, lo trovo molto interessante e ricco di contenuti; vista la sua grande esperienza volevo chiederle un aiuto in vista di un trattamento che per me ha il sapore della novità, dal momento che durante l’iter universitario non ho avuto modo di confrontarmi con patologie del genere.

Mi è stato riferito che da lunedì mi saranno affidati due pazienti con tetraparesi spastica, entrambi sui 15-16 anni (uno di sesso maschile ed uno di sesso femminile), che hanno già alle spalle anni di trattamenti (pare che entrambi deambulino con deambulatore+ascellari) e che erano seguiti dalla collega che sto sostituendo.

Non nascondo che in questa attesa sono un po ansioso e sto cercando di documentarmi il più possibile per cercare di fornire a questi ragazzi tutto il mio aiuto, la mia competenza e il mio sostegno.

Volevo chiederle qual è secondo lei la maniera migliore di impostare il trattamento (so bene che non esistono degli schemi precisi e che ogni paziente è diverso dall’altro ma in generale la linea di condotta da seguire) e quali sono gli esercizi più utili al fine di garantire un trattamento completo e di buona qualità.

La ringrazio anticipatamente della sua disponibilità e le porgo i miei saluti.
 
 
Credo che l'errore più grande che possa fare un terapista nell'approcciarsi ad un paziente (ortopedico, neurologico, adulto o bambino) sia cercare di partire dall'esercizio. La costruzione della Cartella Riabilitativa è uno strumento di lavoro meraviglioso che ci consente di arrivare all'esercizio per non incappare in errori grossolani (tipo: ha una tetrapaesi, e quindi deve fare questi esercizi...). Un trattamento va impostato:
 
- Valutazione: va fatta sulla base della teoria su cui ti appoggi e sulla base della conoscenza della patologia. Non va analizzato tanto quello che si vede (non serve andare da un terapista per sapere che si ha un figlio che cammina in punta), ma quali sono le funzioni alterate, ed in che modo, come il paziente ragiona, come parla, come usa l'immagine motoria, come si muove, come si modifica in base alle richieste che fai; attraverso quali facilitazioni, se verbali, manuali, o altro. Bisogna interpretare la patologia non solamente descrivere quello che si vede! E se la lesione è maggiore a sinistra ci si aspettano delle cose, se è maggiore a destra delle altre... non compiere l'errore madornale di liquidare il paziente con un "è spastico" o con un "cammina con intrarotazione": significa non rispettare la persona e regarla alla sua patologia, oltre che non aiutarla affatto.
 
- Impostazione delle modifiche a medio-lungo termine: cosa penso di poter ottenere in un lasso di tempo massimo di 8-10 mesi (per i bambini), una modifica che deve essere verificabile, non "miglioramento del controllo del tronco" (che non vuol dire niente) ma "sta seduto long sitting con appoggio per almeno 30 secondi mentre l'adulto parla senza cadere di lato e senza flessione delle ginocchia" (è un esempio, ma bisogna trovare degli obiettivi per TUTTI i pazienti, gravi, meno gravi, piccoli e grandi: altrimenti non siamo terapisti, ma altro).
 
- Impostazione degli obiettivi (ovvero modifiche a breve termine: da 2 settimane a 2 mesi circa): stessa cosa delle modifiche, valgono le stesse regole.
 
- Individuazione degli esercizi che serviranno a raggiungere gli obiettivi: indicare esattamente quali
 
- Impostazione delle modalità con cui tali esercizi dovranno essere fatti: per ogni esercizio, come deve essere messo il bambino, che tipo di sussidio va usato, dove questo va posizionato, qual'è esattamente la richiesta che viene fatta al bimbo, e cosa si deve osservare nel corso dell'esercizio per capire che questo è adeguato.
 
- Chiarificazione dei contenuti di ciascun esercizio: qual'è la strategia che si vuole insegnare al bambino (alteranza dello sguardo? controllo della RAAS? controllo dell'irradiazione? e via dicendo).
 
In questo modo si imposta un trattamento. Tutto il resto (valutazioni dove c'è scritto "non rotola, non striscia, cammina in punta", obbiettivi tipo "miglioramento del cammino" o altre baggianate), lo possiamo lasciare tranquillamente a gente che di mestiere non si occupa di riabilitazione.
 
Detto questo, è ovvio che non posso dirti quali esercizi possano essere validi per questi due pazienti: dovrei avere molte più informazioni per poterti consigliare, ma sicuramente se li osservi secondo questo tipo di approccio potrai essere in grado quantomeno di non nuocere e di metterti in gioco pensando che essere un terapista significa avere delle grandi responsabilità sulla qualità di vita dei pazienti.

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