mercoledì 9 febbraio 2011

la mamma chiede: ha una diplegia, quanto recupererà?

Gent.ma,

ho letto con attenzione le sue risposte e vorrei sottoporle anch'io qualche quesito.

Ho un bimbo di 19 mesi (un altro di 5 anni) al quale è stata da poco diagnosticata una forma diplegica lieve (nessun segnale, nessun problema in gravidanza, nato con cesareo programmato senza problemi, Indice di Apgar 8 e 9, bimbo sveglio e interarattivo, lallazione per me normale, dice mamma molto bene e poco altro). Siamo solo all'inizio del percorso (un paio di incontri con la fisioterapista per creare la relazione più che altro, visto che il bimbo è piuttosto diffidente di natura ... secondo la fisioterapista ... normale nei "diplegici", per me normale per molti bambini ... comunque) e dobbiamo ancora inziare con scarpe, plantari, tutori, ecc. ma vorrei una sua opinione ....

Dovremo fare anche la visita dal neuropsichiatra e probabilmente la risonanza ..

Il bimbo faceva il "passo del leopardo attorno ai 10/12 mesi, da 14 gattona e adesso va come un razzo gattonando, sempre dai 14 mesi si alza in piedi appoggiandosi a qualsiasi cosa gli capiti pur stando sulle punte se non dopo un breve tempo in piedi quando riesce a ad appoggiare anche i talloni, soprattutto il destro.

Secondo lei quali sono i tempi per il cammino autonomo? La fisiatra mi ha parlato un recupero attorno al 98%, cosa significa? Avrà dolori in futuro? Come possiamo aiutarlo ulterioremente? Abbiamo iniziato con massaggi e stiramenti dei muscoli ... ho sentito parlare anche dell'ippoterapia come utile ....

Sono probabili anche altri problemi di tipo cognitivo, linguistico, ecc.? Il pediatra e anche le insegnanti del nido non avano compreso il problema e mi hanno sempre parlato di un bimbo sveglio e intelligente ... possibile che nessuno abbia intuito qualcosa?

La ringrazio fin da ora per la disponibilità e la risposta!

UN caro saluto.

Deborah

Andando per ordine: quali sono i tempi per un cammino autonomo non posso dirlo, anche se per certo camminerà (i bimbi diplegici, a meno che non vengano presi a mazzate -sul piano riabilitativo- camminano tutti). Per questo il parametro "recupero al 98%" è una baggianata: camminerà e sarà autonomo, ma Il problema è COME camminerà: posso essere autonomo anche strisciando a terra (per fare un esempio), ma di certo non posso definire il mio spostamento "cammino". E le posso dire che con ogni probabilità, prima viene fatto camminare (in assenza di esperienze adeguate) e peggio cammnerà, per un motivo semplicissimo: perchè il bimbo deve prima costruire dei prerequisiti di un cammino qualitativo attraverso esperienze corrette, piuttosto che organizzarsi sulla patologia (stazione eretta in equino che si modifica per gravità -quando lei dice che riesce poi ad appoggiare il tallone- e non per costruzione di informazioni tattili-pressorie-cinestesiche). Al momento la stazione eretta viene mantenuta con appoggio e compensi (equino), sicuramente sarebbe auspicabile una stazione eretta corretta prima del cammino (anche se nella maggior parte degli approcci riabilitativi tradizionali questo non viene tenuto in considerazione, ed i bimbi vengno fatti camminare quando non stanno neanche seduti, con risultati abbastanza scadenti sul piano qualitativo). 

Se ancora non c'è, bisogna lavorare affinchè il bimbo mantenga dapprima una corretta stazione seduta: non so se riesca a mantenere i piedi appoggiati a terra mentre sta seduto e ad esempio gioca, ma se irradia -ovvero se va in punta o addirittura stende le ginocchia mentre sta seduto ed opera con gli arti superiori- anche da seduto, sicuramente va aiutato a prendere consapevolezza di questo ed a modificarsi, prima di pensare ad una stazione eretta o al cammino. Questo NON perchè "lo vogliamo tenere fermo", ma perchè ci sono dei comportamenti che vengono costruiti sulla base di capacità che ne sono prerequisiti. E' dunque assai probabile (anzi, certo) che riesca a camminare anche se mancano dei prerequisiti, ma con compensi che probabilmente si potrebbero evitare (a maggior ragione perchè la diparesi è lieve).

I massaggi e gli allungamenti non sono propriamente quello che consiglierei ad un bimbo con una diplegia: il problema non è nel muscolo, che ovviamente è perfetto, ma in una organizzazione lacunosa delle funzioni causata dalla lesione (che NON è a livello del muscolo). Può fargli massaggi e stiramenti, ma il problema semplicemente non è lì: dovrebbe fare esercizi attraverso i quali il bambino debba imparare a conoscere il corpo (di cui ha un'esperienza alterata), dove lui stesso sia soggetto e non oggetto della riabilitazione (che non significa che debba fare ginnastica attiva e rinforzo muscolare, assolutamente no, ma che faccia esperienze corrette). Sconsiglio caldamente il cavallo: causa un raddrizzamento del tronco per irradiazione e non per organizzazione delle relazioni tra le parti del corpo, più incita il bambino ad addurre gli arti inferiori (che è uno dei problemi principali per cui i diplegici vengono poi operati alle anche). Non so dirle quali esercizi potrebbe fare il bimbo senza vederlo (non perchè non voglia, ma perchè in questo approccio non si considera la patologia, ma il bambino, e gli esercizi vengono costruiti su di lui), ma sicuramente lo stretching non risolve il problema "a monte", lavorando sull'effetto e non sulla causa.
Per quanto riguarda i problemi cognitivi, non è detto che suo figlio debba presentare un ritardo mentale, anzi, la maggior parte dei bimbi diplegici ha un'intelligenza assolutamente normale, ma tenga presente che il comportamento motorio che lei osserva (il cammino in punta) è causato da un'alterata organizzazione del corpo (il tallone ha un senso conoscitivo nel cammino, che è quello di percepire le diverse consistenze del terreno, e la caviglia di organizzare l'appoggio in base alla pendenza): il bambino non riesce a costruire correttamente le informazioni tattili-cinestesiche-pressorie a qualche livello (non so dirle quale senza vederlo). Tenga presente che i bimbi piccoli imparano attraverso il corpo, e se il corpo è alterato l'apprendimento di altre competenze viene alterato (ad esempio, la spazialità). Questo non significa che il bimbo debba avere un ritardo mentale, ma che il problema motorio è di per sè un problema cognitivo (non a caso già A.R.Lurija nel suo magistrale "Come funziona il cervello" descriveva il movimento all'interno delle funzioni corticali superiori). Il trattamento dovrà essere volto quindi al recupero di quei processi cognitivi la cui alterazione causa il comportamento motorio, per ottenere un recupero qualitativo, e non al comportamento motorio di per sè (ginnastica, stretching, o simili).

Per dirle se avrà un qualche tipo di dolore da grande dovrei avere la boccia di cristallo, direi di affrontare un problema alla volta, altrimenti si perde di vista il bambino mettendo in primo piano solo la sua "diplegia".


















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