martedì 24 marzo 2009

la mamma chiede: non vuole entrare in terapia, perchè?

Sono S. mamma di F. (bimbo di 2 anni con lieve leocomalacia periventricolare). se e' possibile vorrei un suo parere riguardo una mia situazione.
Oramai sono piu' di 2 mesi che Federico va a fare LOGOPEDIA E PSICOMOTRICITA', sono gia' due volte che Federico appena solo vede la PSICOMOTRICISTA piange e non vuole rimamere solo in stanza con lei. Piange e non vuole collaborare...
Premetto che sin da primo giorno di trattamento Federico e' sempre andato sorridente in stanza senza di me senza neanche calcolarmi.
Ora ho proposto alla terapista di rimanere in stanza ma lei non vuole e' visibilmente seccata e dice che cosi' federico in mia presenza e' distratto non lavora....(non e' assolutamente vero perche' sono due anni che fa' terapia motoria in mia presenza e lavora bene). comunque, invece con la logopedista non c'e' nessun problema entra e lavora normalmente (qui però assisto), anche se mi e' capitato di andare via dalla stanza piu' volte e fede non ha mai pianto!
Piu' o meno ho visto che come lavoro nella motricita' sono cose simili per adesso alla logopedista, quindi posso dirle che non e' per le troppe richieste che piange.
A suo parere professionale perche' si comporta cosi' federico?
sono preoccupata perche' la terapista non mi vuole in stanza e vorrebbe che lo facessi piangere sin che nn smette e si abitua alla terapia, a me questa cosa non piace. come devo comportarmi?
La ringrazio tanto
S.

I motivi per cui un bimbo piange prima di entrare in terapia possono essere diversi, e vanno dalla terapia non adeguata (richieste troppo difficili, o troppo facili, o palesemente dolorose o fastidiose), fino al "momento no", che può anche capitare. Se il bimbo piange per un paio di sedute ma poi smette dopo un pò non mi preoccuperei più di tanto, perchè è una cosa che può capitare; non condivido in generale l'approccio "lo facciamo piangere finchè smette così si abitua" semplicemente perchè altrimenti il bambino può mantenere della terapia il ricordo di un posto in cui l'hanno semplicemente lasciato piangere per un'ora. il compito della terapista, in questo caso, credo sia trovare il modo per non farlo piangere con una modalità di interazione che lo interessi e lo stimoli. I tentativi potrebbero includere inizialmente la presenza della mamma (magari solo all'inizio della seduta per i primi 10 minuti), oppure no; l'importante è che il bimbo non passi un'ora a piangere (altrimenti, la seduta è comunque buttata!).
La scelta di accettare o meno la presenza del genitore nella stanza sta al terapista a seconda delle sue esigenze, ma spesso si tratta anche di esigenze interne alla struttura (ad esempio se si lavora in molti in una stanza sola, non si possono accettare tutti i genitori all'interno della stanza; oppure ci possono essere stati precedenti per cui si è resa necessaria questa regola). Personalmente, (ma io non lavoro in una struttura tipo ospedale o centro convenzionato) a meno che palesemente il genitore non sia un elemento distraente per il bambino o per me, accetto tranquillamente che la mamma stia nella stanza. I bambini grandi a volte preferiscono lavorare senza la mamma (così non si sentono "giudicati"), per quanto riguarda i piccolini, dipende un pò dal bimbo. Questa però è una mia scelta personale, e non dico che necessariamente sia la migliore.
Comunque, per un paio di sedute non mi preoccuperei: se questo pianto dovesse essere "la prassi" bisognerebbe andare a vedere qual'è il modo di porsi della terapista con il bimbo, cosa gli propone, e cercare di proporle delle soluzioni alternative.
nel frattempo, il mio consiglio è cercare di essere accomodante e fare in modo che il bimbo veda che LEI è felice quando lui entra in terapia, senza far passare, magari implicitamente, il messaggio della sua preoccupazione.

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