mercoledì 4 novembre 2009

l'insegnante di sostegno chiede: quali attività per una bimba di 6 anni con sindrome di west?

Ciao Fabiana,
sono Pamela dalla provincia di Teramo,sono un'insegnante di sostegno alla scuola dell'infanzia.
Ti scrivo per chiederti un consiglio su un caso nuovo per me: sto facendo sostegno ad una bambina di 6 anni affetta da sindrome di West,su cui mi sono documentata ma non abbastanza da poterne dedurre alcuna ipotesi operativa in ambito didattico.
La bambina frequenta ormai da circa 3 anni un centro di riabilitazione,in cui fa interventi di 45 minuti di logopedia e psicomotricità.
A scuola le ho proposto attività di manipolazione,come attaccare pezzettini di carta su di un disegno abbastanza grande,oppure fare puzzle con 4 pezzi da unire,ma la sua attenzione è discontinua o quasi assente.Le piace molto pitturare,cosa che le faccio fare anche senza un disegno stampato,ma ha sempre difficoltà a restare nello spazio stabilito,anche con un foglio bianco.
A livello motorio ha una deambulazione impacciata e non fa salti o altro.
Il mio problema è riuscire a capire come posso agire a livello didattico,se posso insegnarle qualcosa o aiutarla a raggiungere piccoli traguardi.
Non so se sono riuscita a spiegarmi con chiarezza,però spero di poter avere qualche consiglio.
Grazie per la possibilità che stai offrendo a molte persone di potersi consultare su casi molto delicati, perchè oggi tutti parlano di disabilità ma nessuno se ne preoccupa.
Ti auguro una buona giornata,

Pamela


Cara Pamela,
i bambini con sindrome di West in assenza di altre lesioni cerebrali riscontrabili  all'esame strumentale -si parla quindi di Sindrome di West criptogenetica- sono bambini che generalmente non hanno problemi a livello di tono muscolare, e quindi non presentano le tipiche problematiche relative alla spasticità. I problemi "di movimento" che hanno (quindi  ad esempio difficoltà nei movimenti fini e nelle abilità motorie complesse come correre o saltare) sono prettamente di tipo cognitivo. Anche se con i farmaci questi bimbi riescono in molti (anche se purtroppo ancora non tutti) casi, presto o tardi, a tenere sotto controllo le crisi e gli spasmi, a meno che la Sindrome non sia stata fermata in un tempo molto rapido, si evidenzia comunque un ritardo delle funzioni cognitive specifiche, e quindi a carico dell'attenzione, del linguaggio, della capacità di percepire, della memoria, ecc.
questi bimbi di solito guardano poco, non capiscono a cosa devono stare attenti, hanno difficoltà di comprensione del linguaggio, ed il problema, sul piano riabilitativo-didattico, è sempre quello che non si sa bene cosa fargli fare, e si tende a fargli ripetere dei gesti, delle azioni, dei compiti che però per il bambino stesso sono assolutamente privi di scopo. 
Vedi Pamela, all'interno della didattica  (e quindi anche in riabilitazione, che è una relazione docente-discente) bisogna sempre che sia manifesta quella che Castelfranchi chiama adozione di scopi: lo scopo deve essere condiviso tra docente e discente. Inoltre deve verificarsi l'assunzione di ruoli, che è il primo requisito per l'interazione cooperativa: il bambino deve assumere che l'adulto è colui che gli dà le informazioni necessarie per fare quello che lui non riesce a fare da solo.
Prendiamo in esame l'attaccare pezzetti di carta sul foglio: la bimba probabilmente non guarda la sua mano che attacca il pezzetto, ha problemi di coordinazione occhio mano, se non addirittura di mantenimento della fissazione su un target per più di pochissimi secondi, non sa a cosa serve un foglio, non ha l'idea di "iniziare qualcosa per finirla e produrre un risultato", per lei il foglio non ha senso come spazio su cui agire in qualche modo per produrre un elaborato di qualsiasi tipo. ecco che lo scopo non è condiviso, e l'interazione non è cooperativa. "rimanere nei margini" è una capacità che richiede tutta una serie di prerequisiti cognitivi che evidentemente la bimba non ha: "addestrarla" ad attaccare o a rimanere nei margini sul foglio in classe non la aiuterà, perchè anche se è possibile che nel tempo lo faccia, ad esempio non riuscirà a mantenere l'attenzione su un altro compito al di fuori di quello, e al di fuori del momento in cui non ci sei tu che "forzi" ogni passaggio. 
Devi dunque trovare delle attività che abbiano uno scopo conoscitivo per la bambina, e che d'altro canto le consentano di utilizzare quei processi cognitivi che di per sè non usa o  usa in modo alterato. La cosa migliore è fare giochi dove sia coinvolto il tatto: ti consiglio di utilizzare tavole con disegni fatti con superfici diverse (in questo post  ne trovi diverse per prendere "ispirazione"), conducendola a sentire le diverse superfici. puoi utilizzare ad esempio tavole con disegni che raccontano storie (io ne ho una con cappuccetto rosso, ma ti puoi sbizzarrire). ricordati che le superfici devono essere abbastanza grandi per poter essere sentite con tutta la mano. mentre glie le fai sentire commenta le sensazioni che sente (ad esempio puoi fare il lupo ruvido e dire "e arriva il lupo... aaaaarrr!!"; oppure "e cammina cammina nel bosco dove ci sono le foglie morbide morbide... aaaaaahhh!" e simili). Ne puoi fare diverse con diverse storie, oppure con disegni semplici.  Aumenta di molto la prosodia nel linguaggio per canalizzare l'attenzione e le espressioni facciali. Questo favorisce: la fissazione, la coordinazione occhio mano, l'attenzione, la costruzione di categorie (ruvido-morbido, piacevole-spiacevole, ecc.), l'interazione cooperativa, l'attenzione verso il corpo, eccetera. 
Come si vede se un bimbo sta condividendo l'esperienza con te? intanto guarda. Guarda te, guarda la mano che tocca l'oggetto, alterna lo sguardo tra te e l'oggetto. Ad un certo punto si deve cominciare a far guidare (ed ecco che si evidenzia l'assunzione di scopi e l'interazione cooperativa), esprime sensazioni adeguate al contesto (ad esempio commenta con i suoni relativi alla sensazione, cambia espressione del volto). Se la bambina sta attenta (e questo significa che tu stai facendo le cose nel modo corretto - se non sta attenta neanche pochi secondi, la colpa non è della bimba o "della patologia", ma dell'interazione scorretta), non distoglie lo sguardo, non si alza e se ne va, non piange, e via dicendo.
Ricordati che si può sempre fare qualcosa. Siamo noi che dobbiamo andare incontro ai bambini, e non viceversa. Se hai bisogno, chiamami pure.



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