mercoledì 25 marzo 2009

il papà chiede: il massaggio aumenta il tono? perchè cade e non fa nulla per riprendersi?

Buongiorno.

Stavo cercando conferme ad alcune affermazioni e mi sono trovato sul suo blog. Ho cominciato a leggerlo e subito ho capito che, -quella voglia di rispondere urlando, quegli appelli ad aprire gli occhi, quel parlare diretto a chi si nasconde dietro alle proprie incapacità accusando la patologia, la sindrome o quant'altro- è un bisogno forte e chiaro di far sapere a persone come me che c'è di meglio della minestra ribollita.

NON SI SPAVENTI!!!!!!!!

Mi chiamo Mauro e sono il papà di A. -un bimbo di 6 anni affetto da tetraparesi spastica-.

Ho fatto provare a mio figlio tutine (adeli), e macchinette (crosystem) e per la verità Alessandro ha risposto positivamente consolidando dei miglioramenti. Ora, non so dire se sono dovuti a queste terapie o semplicemente ad un suo impegno -perché con il suo carattere si può tentare di scalare una montagna senza mai fermarsi a prendere fiato fino a quando si è sulla cima-. Ho fatto queste scelte perché il SSN mi ha deluso per la sua burocrazia e incompetenza, la sua staticità, il suo temporeggiare, con le sue proposte: botulino, tutorini, deambulatori, futuri interventi chirurgici, test e contro test e poi di nuovo test, riducendo mio figlio ad un grafico. Quindi, valutando delle alternative e un consiglio qua ed una testimonianza là vedi degli spiragli e provi. Fortunatamente Alessandro ha affrontato tutte queste prove con estrema serenità ed ha saputo fare suoi i miglioramenti che queste nuove terapie gli insegnavano.

Detto questo - anche se tutto ciò che Lei afferma va contro ciò in cui fin' ora credevo (tutine, macchinette, ecc. ecc.) - non mi ha sconvolto, non mi ha messo in crisi, anzi sono contento di ascoltare chi sa contestare le scelte che ho fatto motivando e proponendo alternative in quanto sino ad ora -non che mi mancassero i contestatori, anzi- ma si limitavano a snobbare le mie scelte e stavano a guardare e poi erano bravi a dire "io lo sapevo"

"mancano le prove scientifiche", avevano paura a confrontarsi con qualche cosa di diverso.

Potrebbe anticiparmi 2 consigli?

  • E' vero che il massaggio è sconsigliato per il muscolo ipertonico, in quanto non fa altro che aumentare il tono e gli stimoli ? Mi potrebbe indicare qualche fonte che tratta il problema? Esiste un massaggio indicato per il muscolo ipertonico?
  • A. ha migliorato in questi mesi lo schema di deambulazione. Ha acquistato più sicurezza e reattività e più velocità -pur avendo dei movimenti imperfetti e disarmonici e non appoggiando completamente i talloni soprattutto il destro-. Durante la deambulazione indossa i tutorini. Bisogna sempre seguirlo -durante la sua camminata- perché la caduta è in agguato e lui non ha riflessi pronti per riprendersi. Ciò che la sua fisioterapista definisce però disarmante è che A. quando perde l'equilibrio si sbilancia in dietro e non mette in atto nessuna strategia e si arrende (è l'unico caso in cui lui si arrende)

Potrebbe consigliarmi? Nel ringraziarLa La saluto cordialmente.

M.


Sono felice di leggere che i messaggi che cerco di lanciare come un sasso in mare aperto da questo blog, a volte vengono recepiti con lo spirito che è nei miei intenti, nonostante (o forse grazie a? non saprei dire) i miei modi piuttosto "diretti" che talvolta possono essere tranquillamente fraintesi o passare in primo piano rispetto alle informazioni reali che intendo passare.

Ovviamente ognuno è più che libero di prendere la strada che ritiene più opportuna, ma almeno che sia possibile fare un pò di informazione, visto che nessuno "si degna" (perchè non vuole o perchè a volte non è in grado, a seconda del caso) a quanto pare di spiegare ai genitori cosa esattamente abbia il loro figlio, di che tipo di patologia si tratti, di quali siano effettivamente le problematiche. si figuri che una volta ricevetti una email da una mamma in cui mi chiedeva se la tetraparesi spastica del suo bambino fosse "temporanea": questo è un indice (terrificante) di un atteggiamento generale in cui al genitore non viene data una risposta neanche alle domande basilari, informazioni fondamentali del tipo sarà disabile tutta la vita? è una patologia del muscolo o no? e di conseguenza, non si mette il genitore neanche in grado di essere consapevole delle scelte che fa, giustificabili o meno che siano: se non so neanche cos'ha mio figlio, come posso sapere se posso realmente fare qualcosa? come posso capire effettivamente che cosa posso fare per aiutarlo? è ovvio che la logica conseguenza è che chi ha i mezzi (e mi riferisco ai mezzi culturali) per potersi informare, può fare delle scelte (giuste o sbagliate che siano, ma almeno sono scelte) e andando per tentativi magari trovare qualcosa che non sia proprio terribile (spesso dopo anni e anni di "prove" che nel frattempo danneggiano il bambino); chi questi mezzi non li ha, o si accontenta o segue il "trend riabilitativo" dell'anno in corso: questo o quell'attrezzo, questo o quel centro, questa o quella metodica, spesso con poco spirito critico proprio perchè mancano le informazioni di base.
A volte le cose vanno tutto sommato abbastanza bene (ma molto spesso è perchè sarebbero andate bene comunque), molto più spesso invece vanno male e quando si trova qualcosa di sensato è tardi; oppure vanno male ma il consolidamento di comportamenti patologici viene spacciato per miglioramento (es. bambino che ripete sempre lo stesso gesto, nello stesso modo = "sa battere gli oggetti tra loro!"; oppure messo sdraiato comincia a muoversi in modo afinalistico tipo macchinetta a molla senza costrutto= "sa strisciare!"; o ancora aumento dell'irradiazione = "sta più dritto!" e ne potrei citare centinaia) e quindi sono tutti più o meno contenti.

Comunque, perdoni la lungaggine, voleva solo essere un prologo in linee generali e delle piccole riflessioni che scaturivano dalle sue -giustissime- considerazioni, veniamo alle sue domande.

Per quanto riguarda il massaggio, le dico francamente: è un massaggio. essere massaggiati piace a tutti, ma in una paralisi cerebrale, di per sè non cambia sostanzialmente l'ipertono nè in bene nè in male (a meno di manovre veramente assurde che potrebbero provocare una contrattura per evitare il dolore, ma a quel punto non si chiama più neanche massaggio). le modifiche che si possono ottenere con un massaggio "rilassante", o anche uno stretching, sono assolutamente transitorie proprio come può esserlo un massaggio alla schiena quando si ha la tendenza ad assumere una posizione "contratta". in sostanza, per poco tempo dopo il massaggio, lei (ipotetico paziente con un "banale" mal di schiena da contrattura) si sentirà sicuramente un pò meglio, o magari dopo qualche massaggio, se si trattava di un disturbo transitorio, si potrà sentire bene.

ma lei immagini questo: se lei di lavoro facesse il tassista per 12 ore al giorno, e la posizione tendenzialmente assunta fosse quella dell'elevazione delle spalle per guidare (che causa la contrattura del trapezio), un ciclo di massaggi non le migliorerebbe granchè la situazione: dovrebbe lavorare sostanzialmente per modificare la percezione della sua posizione, per avvertire dei cambiamenti radicali, rendersi conto di quando assume quella posizione, modificarla e via dicendo. ora, se questa posizione è stata assunta per molto tempo (ma non si immagini poi così tanto, bastano pochissimi mesi), la situazione tenderà a diventare cronica, per cui anche a livello corticale la rappresentazione del suo corpo si modificherà col tempo, sarà sempre più difficile rendersi conto della posizione (inizialmente antalgica, e successivamente causa essa stessa del dolore) e di conseguenza modificarla autonomamente. e questo in assenza di lesioni cerebrali.

in un bambino con PCI l'esperienza prelesionale semplicemente non c'è. suo figlio non ha idea di cosa significhi "muscolo rilasciato" perchè non l'ha mai vissuta. è come dire ad un bimbo con una tetraparesi "stai dritto". se qualcuno chiedesse ad un bimbo di quel tipo (ed io l'ho fatto) "per te cosa significa stare dritto?", la risposta sarebbe (o meglio, è stata): ormai ho imparato che quando mi dicono di stare dritto, io mi devo mettere così. ma io così mi sento storto, per me io sto dritto quando sto normale. si può a questo punto facilmente immaginare come un massaggio, di qualsivoglia tipo, faccia veramente ben poco. mi piace invece l'idea del massaggio infantile proposto nei neonati come mezzo di interazione della mamma con il bimbo, ma si tratta di tutt'altro genere di massaggio e con tutt'altre finalità.

riguardo alla sua seconda domanda: il suo linguaggio (si arrende) tradisce un'interpretazione psicologica delle cadute del suo bambino; mi permetta, ma questo è un errore piuttosto comune. ora, io non conosco suo figlio ma le posso assicurare che non si tratta di resa, ma di altri ordini di problemi. con ogni probabilità il suo bimbo, oltre ad avere deficit della percezione cinestesica e tattile, (altrimenti non avrebbe l'equino) ha problemi vestibolari. andrebbero valutati i movimenti degli occhi a capo fermo e la capacità di mantenere gli occhi fermi muovendo il capo (per capire, provi a guardare fisso un punto e mantenere la fissazione su quel target) in posizione seduta, prima ancora che in stazione eretta (che secondo me è troppo complessa per questi compiti -con cui viene a contatto ogni giorno, pensi solo al movimento delle persone intorno a lui, o allo spazio che cambia a seconda della posizione che assume- al momento, ed è per questo che cade). il mio sospetto (le ripeto, non conoscendo il bimbo non posso dirle molto, posso solo fare ipotesi) è che il tutore non lo aiuti, anzi. io credo che la deprivazione tattile-pressoria causata dal tutore non gli permetta di compensare le carenze vestibolari "appoggiandosi" ad altri tipi di informazioni, seppur alterate di per sè dalla lesione. non si fidi della velocità come parametro, anzi: di solito più questi bimbi vanno veloci, più tendono a "rincorrersi" per non cadere, e meno stanno attenti a quello che sentono (e di conseguenza il movimento che ne esce è più alterato) e questo è un indice di un "buco" nella consapevolezza del corpo (giustificabile: d'altra parte è un corpo alterato). il "non avere strategie" è tipico dei bambini con PCI, perchè quando il compito si fa troppo complesso non riescono ad organizzarsi: d'altra parte se riuscissero a trovare delle strategie, semplicemente non avrebbero tutti i problemi che hanno.

Auguri ed in bocca al lupo per il bimbo.


martedì 24 marzo 2009

la mamma chiede: non vuole entrare in terapia, perchè?

Sono S. mamma di F. (bimbo di 2 anni con lieve leocomalacia periventricolare). se e' possibile vorrei un suo parere riguardo una mia situazione.
Oramai sono piu' di 2 mesi che Federico va a fare LOGOPEDIA E PSICOMOTRICITA', sono gia' due volte che Federico appena solo vede la PSICOMOTRICISTA piange e non vuole rimamere solo in stanza con lei. Piange e non vuole collaborare...
Premetto che sin da primo giorno di trattamento Federico e' sempre andato sorridente in stanza senza di me senza neanche calcolarmi.
Ora ho proposto alla terapista di rimanere in stanza ma lei non vuole e' visibilmente seccata e dice che cosi' federico in mia presenza e' distratto non lavora....(non e' assolutamente vero perche' sono due anni che fa' terapia motoria in mia presenza e lavora bene). comunque, invece con la logopedista non c'e' nessun problema entra e lavora normalmente (qui però assisto), anche se mi e' capitato di andare via dalla stanza piu' volte e fede non ha mai pianto!
Piu' o meno ho visto che come lavoro nella motricita' sono cose simili per adesso alla logopedista, quindi posso dirle che non e' per le troppe richieste che piange.
A suo parere professionale perche' si comporta cosi' federico?
sono preoccupata perche' la terapista non mi vuole in stanza e vorrebbe che lo facessi piangere sin che nn smette e si abitua alla terapia, a me questa cosa non piace. come devo comportarmi?
La ringrazio tanto
S.

I motivi per cui un bimbo piange prima di entrare in terapia possono essere diversi, e vanno dalla terapia non adeguata (richieste troppo difficili, o troppo facili, o palesemente dolorose o fastidiose), fino al "momento no", che può anche capitare. Se il bimbo piange per un paio di sedute ma poi smette dopo un pò non mi preoccuperei più di tanto, perchè è una cosa che può capitare; non condivido in generale l'approccio "lo facciamo piangere finchè smette così si abitua" semplicemente perchè altrimenti il bambino può mantenere della terapia il ricordo di un posto in cui l'hanno semplicemente lasciato piangere per un'ora. il compito della terapista, in questo caso, credo sia trovare il modo per non farlo piangere con una modalità di interazione che lo interessi e lo stimoli. I tentativi potrebbero includere inizialmente la presenza della mamma (magari solo all'inizio della seduta per i primi 10 minuti), oppure no; l'importante è che il bimbo non passi un'ora a piangere (altrimenti, la seduta è comunque buttata!).
La scelta di accettare o meno la presenza del genitore nella stanza sta al terapista a seconda delle sue esigenze, ma spesso si tratta anche di esigenze interne alla struttura (ad esempio se si lavora in molti in una stanza sola, non si possono accettare tutti i genitori all'interno della stanza; oppure ci possono essere stati precedenti per cui si è resa necessaria questa regola). Personalmente, (ma io non lavoro in una struttura tipo ospedale o centro convenzionato) a meno che palesemente il genitore non sia un elemento distraente per il bambino o per me, accetto tranquillamente che la mamma stia nella stanza. I bambini grandi a volte preferiscono lavorare senza la mamma (così non si sentono "giudicati"), per quanto riguarda i piccolini, dipende un pò dal bimbo. Questa però è una mia scelta personale, e non dico che necessariamente sia la migliore.
Comunque, per un paio di sedute non mi preoccuperei: se questo pianto dovesse essere "la prassi" bisognerebbe andare a vedere qual'è il modo di porsi della terapista con il bimbo, cosa gli propone, e cercare di proporle delle soluzioni alternative.
nel frattempo, il mio consiglio è cercare di essere accomodante e fare in modo che il bimbo veda che LEI è felice quando lui entra in terapia, senza far passare, magari implicitamente, il messaggio della sua preoccupazione.

martedì 17 marzo 2009

dai commenti: da cosa è causata una tetraparesi spastica?

Un dubbio, ma quando un soggetto è affetto da tetraparesi spastica, la causa è sempre una paralisi cerebrale?

con "tetraparesi spastica" si intendono una serie di disturbi fortemente eterogenei tra loro per gravità, lateralizzazione, compromissioni delle diverse funzioni e via dicendo, la cui causa è sempre attribuibile ad un disturbo del sistema nervoso centrale. nella stragrande maggior parte dei casi si tratta di paralisi cerebrale infantile, e cioè un danno a carico dell'encefalo subìto (per cause di varia natura, ipossia, lesioni da prematurità, danni da vaccino, meningiti, encefaliti, ecc.) in epoca perinatale o (per convenzione) entro i primi due anni di età. altre patologie che interessano l'encefalo ed il sistema nervoso centrale possono condurre ad un quadro di tetraparesi spastica, ma queste sebbene non siano inquadrabili come paralisi cerebrali infantili, sono sempre malattie che interessano il cervello (es. processi degenerativi come leucodistrofie, alcune malattie mitocondriali, ecc.)
è possibile anche avere quadri di tetraparesi spastica in età adulta, in seguito a danni cerebrali bilaterali (cioè che coinvolgano entrambi gli emisferi) acquisiti: questi casi sono generalmente quelli dei pazienti post-comatosi in seguito ad incidenti.

è possibile avere una tetraparesi da danno midollare, ma in questi casi si parla di tetraplegia incompleta, cioè una lesione del midollo che non ha reciso completamente il midollo stesso e che quindi ha lasciato integre alcune funzioni. questi casi sono però completamente diversi e non hanno a che vedere con le tetraparesi spastiche di cui parlo di solito in questo blog.

inizialmente, in seguito alla lesione (perinatale o no) il danno è più evidente (per vari fattori tra cui l'edema che si deve riassorbire, la diaschisi -vedi post sulla spasticità per sapere cos'è-, ecc.), poi comincia la riorganizzazione neuronale (merito della plasticità cerebrale) ed il paziente comincia, per l'appunto, a riorganizzarsi.
può avvenire addirittura in alcuni casi di paralisi cerebrale (neanche eccessivamente rari, per la mia esperienza) che una tetraparesi possa, nei mesi successivi alla lesione, sfumare ed evolvere in una emiparesi o in una diparesi per riorganizzazione spontanea. allo stesso modo però (sempre "grazie" alla riorganizzazione cerebrale) mi è capitato più di una volta di vedere bambini che inizialmente potevano essere classificati come diparesi (cioè paresi solo gli arti inferiori), ai quali una riabilitazione non adeguata (leggi: cammino alle parallele prima dell'acquisizione della stazione eretta o persino della posizione seduta) aveva causato un coinvolgimento del tronco, ed erano dunque, dopo pochi anni, in un quadro di tetraparesi. questi sono quei bambini che, seppur non presentino ipertono palese agli arti superiori (magari solo una difficoltà nella destrezza) invitati a spostarsi alle parallele (spesso in età troppo precoce), sono "costretti" per irradiazione, a camminare con accentuata cifosi, testa in avanti e guardando dal basso verso l'alto (spesso con rotazione del capo).

sostanzialmente non esiste "la tetraparesi" perchè ogni bimbo è a sè e si va dal quadro molto sfumato a quello gravissimo; a seconda della sede di lesione (maggiormente a destra o sinistra) si avrà una maggiore compromissione delle funzioni di un emilato piuttosto che dell'altro; e via dicendo.

c'è da dire però che, al contrario delle lesioni dell'adulto dove le aree cerebrali hanno già un certo grado di specializzazione e quindi guardando la risonanza ci si può già farse un'idea rispetto alle problematiche che andremo a trovare in quel dato paziente, nel bambino questo non si verifica.
questo perchè il cervello del bimbo è ancora in formazione e le aree non sono, di per sè, "deputate" specificatamente e possono vicariare le funzioni dell'area danneggiata. è possibile infatti riscontrare per esempio alcuni casi di bambini con lesione cerebrale destra e disturbi gravi del linguaggio (cosa che nell'adulto difficilmente è riscontrabile a meno di avere, per dire, una lesione che apparentemente non ha lasciato traccia a livello dell'emisfero di sinistra, ed una seconda lesione in epoca successiva a livello dell'emisfero destro che in apparenza ha causato l'afasia -zona che, a seguito del secondo danno, ci siamo resi conto aver vicariato inizialmente le funzioni della prima zona danneggiata).
per dire: nelle lesioni prenatali, se queste avvengono prima dell'ottavo mese di gestazione, poichè la corteccia cerebrale si comincia a formare solo dopo, le lesioni interesseranno le aree sottocorticali e quindi in genere (ma questo non è sempre vero, proprio per il motivo di cui sopra) non ci sono gravi compromissioni delle funzioni cognitive (a parte quelle specifiche legate classicamente alle alterazioni di movimento).

in generale, comunque, per rispondere brevemente alla domanda: la tetraparesi spastica è sempre causata da un danno centrale. può non essere classificabile come Paralisi Cerebrale Infantile, ma trattasi comunque di danno a livello del cervello.

martedì 10 marzo 2009

la mamma chiede: parla poco, cosa posso fare?

Sono la madre di una bimba di 18 mesi,
mia figlia secondo me non parla molto, dice: mamma, papà, nonno, nonna, alcuni suoni associati al nome degli zii (Giogia per Giorgia, Tetta per Roberta, Nanna per Lucianna, Patta per Patrizia, Buetto per il suo orsetto Brunetto), uovo (non so perchè ma la fa ridere) e ripete i versi degli animali. Se cerco di spingerla a dire delle parole lei si innervosisce ed insiste ad indicarle con il dito, poi capita che dice qualcosa ma se le chiedo di ripeterlo non lo fa. Dal punto di vista motorio non mi sembra che abbia difficoltà anzi, paragonata ai suoi coetanei, mi sembra molto sciolta nei movimenti; per quanto riguarda la comprensione mi sembra che capisca bene quello che le diciamo o se le chiediamo di fare qualcosa. Il pediatra mi ha detto che è solo questione di tempo, io sono particolarmente ansiosa e vorrei avere il parere di qualcuno più esperto: sto esagerando? è troppo presto per dire che ha un ritardo nel linguaggio? come posso fare per spronarla a parlare?
grazie della disponibilità.

Gentile signora,
non tutti i bambini parlano o si muovono con gli stessi tempi. così come per la signora alla quale ho risposto ieri, posso dire che un bambino, a 18 mesi deve sicuramente avere delle competenze al di là di quello che dice, e queste competenze devono essere a questa età prevalentemente sul piano interattivo, ovvero:

- capisce dove l'adulto indica
- indica quello che vuole alternando lo sguardo tra l'oggetto e l'adulto
- indica quello che viene nominato dall'adulto
- se l'adulto guarda in una direzione, si mette sul prolungamento del suo sguardo
- ricerca l'oggetto che viene nascosto
- anticipa l'oggetto che scompare e riappare
- allo specchio riconosce che la mamma è quella accanto a lui e non l'immagine riflessa (se arriva una persona da dietro si volta a guardarla)
- se l'adulto non comprende le sue richieste mostra intenzionalità comunicativa, ovvero intensifica, modificandoli, i segnali finchè l'adulto non capisce
- condivide le emozioni con l'adulto con cui interagisce attraverso espressioni del viso, sguardo e comportamenti; differenzia un volto triste da uno felice
- è in grado di imitare l'adulto nei gesti

e via dicendo.

se la sua bambina è in grado di fare tutto questo, non si stia a preoccupare: quando ne avrà voglia comincierà a chiaccherare e non la fermerete più! ci sono bambini più "motòri" e bambini più "chiaccheroni", probabilmente la sua appartiene al secondo gruppo, ma vedrà che più avanti le differenze si appianeranno. se dovesse notare qualcos'altro, può andare per scrupolo da uno specialista, ma se il problema si riduce al fatto che semplicemente "parla poco", direi di non starsi tanto a preoccupare.
le sconsiglio di cercare di forzarla perchè questo sicuramente non la aiuta, anzi, la infastidisce: quello che la aiuta è sicuramente un'interazione volta a fare in modo che sia felice di sperimentare novità. auguri e si goda sua figlia!

lunedì 9 marzo 2009

la zia chiede: ha difficoltà a comunicare, cosa si può fare?

Buongiorno,
sono la zia di un bimbo di tre anni che ha difficoltà a comunicare. Sia la neuropsichiatra che la logopedista ad oggi non hanno riscontrato nessuna patologia ma mi preoccupa il fatto che non chieda mai il perchè delle cose che fa.
Volevo sapere se c'erano dei libri o dei metodi che possano stimolare il bambino e se il "ritardo" può essere causato dal fatto che ad oggi mia sorella lo allatta ancora e che fino a quest'anno non è mai andato all'asilo e non ha mai interagito con altri bambini ma ha solo giocato con la mamma.

Grazie mille

C.

Cara C,
non hai specificato che cosa significa "difficoltà a comunicare", se si tratta di un ritardo di linguaggio (ma presumo di no, visto che neuropsichiatra e logopedista sostengono entrambe l'assenza di patologie) ed in questo caso di che tipo di ritardo si tratti, quali siano le difficoltà specifiche e via dicendo; o se ti riferisci ad una difficoltà comunicativa in senso più ampio (non condivide le emozioni, ecc.).
senza questa informazione non so darti consigli specifici, comunque in entrambi i casi l'allattamento non c'entra nulla; inoltre solitamente (non necessariamente sempre ma in genere è così) i bambini che non vanno in materna e restano molto con gli adulti tendono a parlare prima di quelli che interagiscono precocemente con i pari, questo per un motivo: i bambini che stanno con gli adulti, per ottenere quello che vogliono, possono delegare all'adulto attraverso il linguaggio. i bambini che vanno al nido, e che quindi si trovano a contatto prevalentemente con bambini di pari età, riducendo le interazioni faccia a faccia con l'adulto (l'educatore/maestra per forza di cose non può seguire le richieste del bambino per tutto il tempo in un rapporto uno a uno ma si deve necessariamente rivolgere a tutto il gruppo) per avere un gioco se lo devono andare a prendere, e quindi tendono a camminare prima.
c'è anche da dire che in genere i maschietti sono un pò più lenti delle femminucce nel linguaggio (anche qui non è sempre così è ovvio, faccio un discorso generale), mentre tendono ad essere più motòri delle femmine e fare giochi magari meno strutturati sul piano interattivo ma più di movimento. dopo un pò di tempo comunque queste differenze tutto sommato si appianano.
inoltre tieni conto che ogni bimbo ha il suo carattere: ci sono bambini che parlano tardi ma di solito sono grandi osservatori, bambini più timidi o riservati, altri invece più loquaci ed estroversi.

fatta questa piccola premessa, c'è da dire questo: un bambino di tre anni, al di là di come si esprime e di quello che dice, deve avere comunque sul piano spaziale, logico, visivo, visuospaziale, prassico, operativo, interattivo, della comprensione e via dicendo tutta una serie di competenze. una valutazione completa, che tenga conto di tutti questi aspetti, può dirti se ci sono ritardi di qualche tipo o meno, ma se la neuropsichiatra e la logopedista non hanno rilevato nulla di patologico (o comunque anomalo), io non credo che dovresti preoccuparti, anche se senza qualche informazione specifica non so dirti esattamente che cosa dovresti osservare nè tantomeno cosa potreste fare per aiutarlo.