Mi è stato chiesto, attraverso il gruppo di Facebook, di esprimere la mia opinione relativamente all'uso dei tutori. Prima di cominciare però, ci tengo a precisare due cose:
a) quanto segue è la mia personale opinione, frutto degli studi miei e di chi prima di me già si occupava di riabilitazione neurocognitiva e neuroscienze, e della mia personale esperienza negli anni con i bambini con le più svariate disabilità. Io non sono "contro qualcosa" a prescindere: la mia opinione generale è frutto dei miei studi e della mia esperienza, ma questo non significa che in alcuni casi particolari (di cui comunque parlerò) io possa prendere in considerazione altri fattori.
b) quanto scrivo in questo caso si riferisce solo ed esclusivamente a patologie stabilizzate a carico del sistema nervoso centrale, quindi Paralisi Cerebrali Infantili e/o esiti di altre tipologie di lesione (comprese le lesioni acquisite degli adulti): non mi riferisco assolutamente a problematiche di tipo neuromuscolare come distrofie muscolari, amiotrofie spinali o altre tipologie di patologie degenerative dove il discorso è completamente differente.
Intanto cominciamo: cos'è un TUTORE?
un tutore è un'ortesi, ovverosia un dispositivo esterno con funzione di garantire una relativa immobilizzazione dell'articolazione colpita. In parole povere, serve a "mantenere" una parte del corpo in una determinata posizione. i tutori vengono utilizzati (poichè sono nati per questo) nel campo della traumatologia ortopedica, allo scopo di preservare l'articolazione dal sovraccarico post lesionale o post chirurgico causato dal movimento e di ridurre il dolore.
L'uso alternativo e massiccio di queste ortesi nel campo della "riabilitazione" (la metto fra virgolette perchè di riabilitativo non c'è nulla, e tra poco spiegherò perchè) delle problematiche neurologiche viene ricondotto ad un semplice (e purtroppo semplicistico) principio: la funzione si crea per ripetizione. In sostanza l'idea è questa: se io faccio in modo che quella parte del corpo stia sempre nella posizione "x", il cervello si abituerà ed imparerà forzatamente che deve stare così, più o meno per lo stesso principio per cui a Leopardi, a forza di studiare chino sui libri, venne la gobba.
L'uso alternativo e massiccio di queste ortesi nel campo della "riabilitazione" (la metto fra virgolette perchè di riabilitativo non c'è nulla, e tra poco spiegherò perchè) delle problematiche neurologiche viene ricondotto ad un semplice (e purtroppo semplicistico) principio: la funzione si crea per ripetizione. In sostanza l'idea è questa: se io faccio in modo che quella parte del corpo stia sempre nella posizione "x", il cervello si abituerà ed imparerà forzatamente che deve stare così, più o meno per lo stesso principio per cui a Leopardi, a forza di studiare chino sui libri, venne la gobba.
Sarebbe davvero semplice, se fosse così. Peccato che nonostante praticamente a tutti i bambini con PCI vengano prescritti, con la motivazione di mantenere il piede a 90°/impedire la flessione delle ginocchia/impedire la lussazione dell'anca ed evitare le retrazioni, i tutori (ed è da notare che se le mamme o i papà obiettano, vengono pure colpevolizzati!), alla fine praticamente gli stessi tutti vengono operati di tenotomia (il famigerato "allungamento") degli achillei, dei flessori e/o degli adduttori. quindi, la funzione di evitare le retrazioni non è stata assolta manco per niente, visto che l'allungamento dei tendini si fa esclusivamente se c'è retrazione (ovvero accorciamento immodificabile del ventre muscolare). Cerchiamo di capire perchè.
il principio "se non riesci a stare dritto, ti ci metto io e alla fine ci starai", che è lo stesso del piano di statica, è fallimentare sotto tutti i punti di vista, perchè considera solo l'aspetto fenomenico del movimento, ovvero solo quello che si vede dall'esterno: un piede equino, un ginocchio flesso, una cifosi, un 'anca addotta e intrarotata. Sarebbe ben semplice se il movimento fosse riconducibile alla mera contrazione muscolare, per cui basterebbe un pò di ginnastica e avremmo risolto tutte le tetraparesi di questo mondo.
In realtà bisogna capire cos'è che causa l'equino, cosa causa la cifosi, cosa causa l'ipertono degli adduttori: il problema è sempre un problema percettivo.
Come ho già spiegato in un post precedente sulla spasticità, questa non è che l'ultimo tassello di una serie di problematiche specifiche (diverse per ogni bambino ma con caratteristiche sicuramente comuni) che sono causa di essa, e non conseguenza.
Prendiamo il caso più frequente: il bambino, con una tetraparesi, un'emiparesi o una diparesi, presenta equinismo del piede, ovvero piede equino (il che fa pensare a un cavallo, e rende la definizione già odiosa di per sé), in sostanza cammina in punta. Il fisiatra sostiene: mettiamogli un tutore corto (magari con l'aggiunta di iniezioni di botulino, altra mostruosità), così evitiamo le retrazioni e lo facciamo camminare con i piedi appoggiati.
Cosa succede? succede che vediamo il bambino che effettivamente appoggia il piede a terra: fenomenicamente abbiamo raggiunto il nostro scopo, il piede è a 90°. appena gli togliamo il tutore, il piede scatta come una molla e torna equino; a mano a mano che passa il tempo il piede, quando è fuori dal tutore, è sempre più equino, finchè infilargli il tutore o i tutori diventa una lotta impossibile. Si torna dal fisiatra, il quale manda il bambino dall'ortopedico che dice: è da operare, ma non si preoccupi signora, è un percorso standard, sono tutti così, è un intervento di venti minuti e vedrà che bel piede che avrà suo figlio! Si fa operare, si fanno allungamenti (stretching) per un tot di tempo, va tutto bene finchè non si rinizia da capo, comincia a tornare l'equino, fisiatra, tutore, ortopedico, intervento. ho visto bambini fare anche quattro volte lo stesso intervento (e di solito sono quelli che camminano, il perchè lo vedremo), finchè non c'era più nulla da tagliare. eppure questo percorso continua ad essere propinato come l'unico possibile, nonostante sia palesemente fallimentare, e in quei rari casi dove non è fallimentare è semplicemente perchè sarebbe andata bene comunque: migliorano quelli che sarebbero migliorati (e probabilmente di più) in ogni caso.
Dunque, facciamo allora un passo indietro: chiediamoci A COSA SERVE IL PIEDE?
se il piede servisse "per camminare", l'uso dei tutori sarebbe valido: il tuo piede "non cammina", quindi "lo faccio camminare io". Ma visto che è un percorso come abbiamo visto fallimentare, sarebbe opportuno andare più a fondo.
la funzione del piede non è quella di camminare ma:
a) percepire le differenti consistenze del terreno nelle diverse fasi (che si chiamano percentili) del passo;
b) percepire lo spostamento del carico dal percentile 0% (fase di approccio di tallone) fino al percentile 100% (fase di stacco di punta), passando per tutti i percentili intermedi in cui il carico si sposta dal bordo laterale al bordo mediale.
Ovviamente tutto questo avviene in sinergia con il lavoro di anca e ginocchio: camminare sul marmo non è come camminare sulla sabbia, e ovviamente se il tallone in fase 0% percepisce un terreno di una certa consistenza, il ginocchio di conseguenza si "preparerà" a mantenere una certa flessione onde evitare traumi alla struttura o un cammino inadeguato al contesto percettivo.
vediamo quindi che le diverse parti del piede (tallone, bordo laterale, avampiede) sono differenziati per funzione percettiva sia sul piano tattile- di consistenza che per quanto riguarda gli spostamenti di carico, e la loro percezione comporta di conseguenza un adeguamento delle altre strutture nel corso del passo.
ora, teniamo presente che nel caso delle paralisi cerebrali sono proprio questi processi percettivi ad essere alterati, e di conseguenza compare il comportamento (inadeguato, ma l'unico che si riesce a costruire sul piano organizzativo) "piede equino": questo perchè la percezione tattile-cinestesica-di consistenza-di peso da parte del piede è completamente alterata. il cammino "in punta" è l'unica cosa che, con un'alterazione a quel livello, si riesce ad organizzare.
Sarebbe facile mettere un tutore e risolvere tutto, peccato che:
a) mettere il tutore equivale a deprivare ulteriormente di informazioni una zona che a causa di tale deprivazione si ritrova in quello stato. in pratica è come avere una gastrite da eccesso di farmaci e dare un antidolorifico (che è un altro farmaco!) per curare la gastrite. risultato= la gastrite peggiora.
b) fenomenicamente vediamo che il piede sta a 90°: in realtà, poichè neurologicamente lo schema è quello, e non abbiamo agito sul deficit percettivo che causa quello schema, il piede dentro il tutore, poichè trova un ostacolo, spinge di più. Ecco perchè portando il tutore vediamo come il piede peggiori sempre più, e alla fine si va per l'intervento come se fosse l'unica possibilità: aumenta l'irradiazione, aumenta la RAAS, in più l'attenzione (già poca) per quella parte del piede e per le sue percezioni scende a ZERO TOTALE, che peggiora ancor più la condizione di base.
Fatevene una ragione: il problema non è l'accrocco che mettete sul piede, è che vostro figlio, quel piede lì, non lo sente proprio. e se lo sente, la sua percezione non ha nulla a che vedere con la vostra, è completamente alterata.
Se così non fosse basterebbe (e qualcuno ancora lo fa, pensando che sia una questione di volontà) dire "abbassa i talloni! apri le gambe! stai dritto!". Quante volte ho visto scene di questo tipo, con il terapista che urla e insiste, e la mamma che ci mette il carico da novanta (non per colpa sua, ma perchè "addestrata" a pensare che questa sia l'unica cosa da fare), ed il bambino che si corregge su controllo visivo (ovvero: guarda la parte del corpo e si corregge perchè la vede) per due nanosecondi e appena torna a guardare da un'altra parte, ecco che torna identico a prima (il problema è percettivo: se non guardo, non sento).
da una parte provo pena per questi bimbi che, indirettamente, vengono colpevolizzati (ma se bastasse dirlo, ci sarebbe bisogno di tutto il resto?!?!) dall'altra ho una gran rabbia per questi terapisti che continuano a fare i maestri di ginnastica pur avendo davanti non una persona che deve fare l'atleta, ma che ha dei problemi percettivi grossi come una casa, che nessuno si degna di trattare.
Quindi non solo questi bambini non vengono aiutati, ma anzi, li si colpevolizza, poi gli si dà un accrocco che non solo non li cura, ma li "ammala", perchè aumenta il deficit percettivo, e infine visto che tutto non funziona neanche un pò, si fa un intervento, che in alcuni casi li traumatizza pure (mi ricordo una bimba con tetraparesi che a sei anni dall'intervento di allungamento, ancora piangeva a dirotto se la portavano da un medico o se le si parlava anche lontanamente di "chirurgia").
Andiamo avanti: cosa succede con l'intervento? succede che un piede già alterato viene alterato ancora di più, e la percezione diventa un groviglio di roba incomprensibile. Ora, il medico dice: ora dobbiamo aspettare che il cervello si abitui a questa nuova condizione. Peccato che non sempre "il cervello" si adatta da solo, perchè non è vero che "il cervello comanda, e il corpo risponde": l'unità mente corpo è qualcosa su cui siamo già da un bel pò di anni, ma i taglia-e-cuci non l'hanno ancora capito.
Inoltre, se non si lavora sul problema percettivo, tempo tre anni e, soprattutto se si tratta di un bambino che cammina (perchè struttura lo schema aumentando l'irradiazione), il piede ricomincia ad andare in punta.
pensate voi a quante persone vengono operate per banali crociati anteriori o cuffie dei rotatori (interventi di chirurgia ortopedica): intervento perfetto, li rincontrate dopo 10 anni e ti dicono "oh, però a me ancora fa male...". e loro non hanno una lesione cerebrale che altera DI BASE la percezione.
è lo stesso principio: non basta staccare un pezzo, riaggiustarlo, riattaccarlo e pensare che è tutto a posto. a volte va tutto a posto. ma "sperare" che vostro figlio sia proprio tra quelli che "vanno a posto" da soli è quantomeno un salto nel vuoto, soprattutto se pensate che c'è una condizione di base (la lesione) che non lo aiuta affatto, in questo.
il cervello apprende nuovi comportamenti motori solo ed esclusivamente attraverso l'attenzione specifica verso la percezione (pensate al bimbo piccolissimo che impara a muovere la mano con la guida tattile). e non basta dire "stai attento al piede", altrimenti lo ricominciamo da capo.
mettere un tutore non risolve il problema, ma nella maggior parte dei casi lo acuisce, visto che su un arto che già "non sente" è come mettere un gesso (ci riuscite, a sentire le cose, col gesso su una mano?).
Ora, questa è la mia opinione personale generale. ovviamente ci sono casi in cui gli interventi chirurgici sono necessari: quando ormai c'è retrazione, non c'è esercizio che tenga, ormai bisogna operare. però.
a) lavorando sull'attenzione specifica verso ipotesi percettive adeguate (e diverse per ogni bambino!), non dico tutti ma l'80% degli interventi potrebbero essere tranquillamente evitati: le retrazioni sono l'eccezione (che può capitare, per carità) e non la regola, se si lavora alla radice del problema (la percezione alterata e l'alterata capacità di porre attenzione alle informazioni che provengono dalle relazioni corpo-ambiente) e non solo sull'aspetto fenomenico ("sta in punta")
b) praticamente tutti gli interventi non avrebbero recidive, se si lavorasse PRIMA dell'intervento (almeno un anno prima!) e dopo l'intervento in modo intensivo sui problemi cinestesici, tattili, somestesici, di frammentazione, ecc.
c) l'utilizzo dei tutori e degli interventi chirurgici (che ricordo, non sono in nessun caso presidi riabilitativi, ma presidi medici!) dovrebbe essere riservato solo a casi particolari:
- bambini oltre una certa età -almeno oltre i 10 anni- dopo aver tentato una riabilitazione vera che duri anni (e non ginnastica, allungamenti, palloni, manovre, stiramenti, tutine e cazzate del genere!) in cui effettivamente l'utilizzo del tutore fa la differenza nella qualità di vita (della serie: le ho provate tutte, almeno con il tutore mi sta in piedi per un pò), e solo nei casi in cui ci sia un effettivo scopo nella stazione eretta (ci sono tutori mostruosi che tengono in piedi anche un morto, ma dubito che il morto ci voglia stare e che abbia un senso tenercelo!). è una enorme baggianata dire che i bambini "vanno tenuti in piedi perchè se no si lussano le anche": è l'esatto contrario, perchè mettere forzatamente in piedi un bambino che a livello organizzativo non è pronto, non fa che aumentare l'irradiazione per lo sforzo di mantenere la posizione, il che aumenta il tono degli adduttori, che di conseguenza fa uscire la testa del femore dall'acetabolo. risultato: le anche sono lussate. e cosa vi dicono? non lo ha messo abbastanza sulla statica. sembra paradossale ed assurdo? lo è, eppure è così che succede.
- bambini in cui la deformità è tale da causare dolore o da impedire le azioni quotidiane (es. mettere le scarpe) devono assolutamente essere operati, ma è sicuro che con un lavoro di un certo tipo alla base l'esito dell'intervento sarà sicuramente più favorevole.
- bambini in cui c'è un impedimento meccanico legato ad un'eccessiva lassità (ad esempio piedi piatto-valghi molto gravi con cedimento dei legamenti) in cui però sia prospettabile la stazione eretta, vanno assolutamente sostenuti con scarpe adeguate e se necessario con tutori, e tenuti sotto controllo da un BRAVO chirurgo ortopedico (non uno di quelli "tagliamo di qua, tagliamo di là, attacchiamo questo, rincolliamo quell'altro...": scappate a gambe levate da questa gente!).
- I bambini con patologie degenerative non vanno assolutamente compresi in quanto detto fino ad ora: ovviamente un bimbo con una SMA2 o con una distrofia muscolare va tenuto in piedi il più a lungo possibile e gli va garantita una qualità di vita più alta possibile per il tempo che la patologia consente. Stesso dicasi per altre patologie in cui bisogna guardare il qui e ora, perchè domani potrebbe essere tutto diverso. quello di cui ho parlato vale solo per le lesioni e le condizioni statiche del bambino e dell'adulto.
Vorrei inoltre far presente una cosa che a nessuno sembra interessare, o che probabilmente sembra una parte marginale del problema e che invece ne rappresenta il "succo": così come altri presidi, come i piani di statica, o come le degenze per gli interventi, i tutori costano. e costano pure tanto. Anche 20, 25 mila euro per un paio di tutori reciprocanti che camminano da soli anche senza ragazzino dentro: un sarcofago di mostruosità che nulla ha a che vedere con il cammino o con gli scopi del bimbo stesso.
il fatto che voi non li paghiate "perchè li paga la ASL", significa solo che li paghiamo tutti, con le tasse, tutti i giorni. Spacciare tutori a destra e a manca conviene a tutti, perchè fa guadagnare un sacco di gente. Non voglio entrare nei dettagli perchè non è il luogo adatto, ma fermatevi sempre e pensate: perchè a tutti i bambini con PCI vengono prescritti i tutori? perchè sono sempre più piccoli i bambini "tutorizzati"? perchè poi alla fine vengono quasi tutti operati? e soprattutto:
...è possibile che non ci sia un'altra strada?
Dunque, facciamo allora un passo indietro: chiediamoci A COSA SERVE IL PIEDE?
se il piede servisse "per camminare", l'uso dei tutori sarebbe valido: il tuo piede "non cammina", quindi "lo faccio camminare io". Ma visto che è un percorso come abbiamo visto fallimentare, sarebbe opportuno andare più a fondo.
la funzione del piede non è quella di camminare ma:
a) percepire le differenti consistenze del terreno nelle diverse fasi (che si chiamano percentili) del passo;
b) percepire lo spostamento del carico dal percentile 0% (fase di approccio di tallone) fino al percentile 100% (fase di stacco di punta), passando per tutti i percentili intermedi in cui il carico si sposta dal bordo laterale al bordo mediale.
Ovviamente tutto questo avviene in sinergia con il lavoro di anca e ginocchio: camminare sul marmo non è come camminare sulla sabbia, e ovviamente se il tallone in fase 0% percepisce un terreno di una certa consistenza, il ginocchio di conseguenza si "preparerà" a mantenere una certa flessione onde evitare traumi alla struttura o un cammino inadeguato al contesto percettivo.
vediamo quindi che le diverse parti del piede (tallone, bordo laterale, avampiede) sono differenziati per funzione percettiva sia sul piano tattile- di consistenza che per quanto riguarda gli spostamenti di carico, e la loro percezione comporta di conseguenza un adeguamento delle altre strutture nel corso del passo.
ora, teniamo presente che nel caso delle paralisi cerebrali sono proprio questi processi percettivi ad essere alterati, e di conseguenza compare il comportamento (inadeguato, ma l'unico che si riesce a costruire sul piano organizzativo) "piede equino": questo perchè la percezione tattile-cinestesica-di consistenza-di peso da parte del piede è completamente alterata. il cammino "in punta" è l'unica cosa che, con un'alterazione a quel livello, si riesce ad organizzare.
Sarebbe facile mettere un tutore e risolvere tutto, peccato che:
a) mettere il tutore equivale a deprivare ulteriormente di informazioni una zona che a causa di tale deprivazione si ritrova in quello stato. in pratica è come avere una gastrite da eccesso di farmaci e dare un antidolorifico (che è un altro farmaco!) per curare la gastrite. risultato= la gastrite peggiora.
b) fenomenicamente vediamo che il piede sta a 90°: in realtà, poichè neurologicamente lo schema è quello, e non abbiamo agito sul deficit percettivo che causa quello schema, il piede dentro il tutore, poichè trova un ostacolo, spinge di più. Ecco perchè portando il tutore vediamo come il piede peggiori sempre più, e alla fine si va per l'intervento come se fosse l'unica possibilità: aumenta l'irradiazione, aumenta la RAAS, in più l'attenzione (già poca) per quella parte del piede e per le sue percezioni scende a ZERO TOTALE, che peggiora ancor più la condizione di base.
Fatevene una ragione: il problema non è l'accrocco che mettete sul piede, è che vostro figlio, quel piede lì, non lo sente proprio. e se lo sente, la sua percezione non ha nulla a che vedere con la vostra, è completamente alterata.
Se così non fosse basterebbe (e qualcuno ancora lo fa, pensando che sia una questione di volontà) dire "abbassa i talloni! apri le gambe! stai dritto!". Quante volte ho visto scene di questo tipo, con il terapista che urla e insiste, e la mamma che ci mette il carico da novanta (non per colpa sua, ma perchè "addestrata" a pensare che questa sia l'unica cosa da fare), ed il bambino che si corregge su controllo visivo (ovvero: guarda la parte del corpo e si corregge perchè la vede) per due nanosecondi e appena torna a guardare da un'altra parte, ecco che torna identico a prima (il problema è percettivo: se non guardo, non sento).
da una parte provo pena per questi bimbi che, indirettamente, vengono colpevolizzati (ma se bastasse dirlo, ci sarebbe bisogno di tutto il resto?!?!) dall'altra ho una gran rabbia per questi terapisti che continuano a fare i maestri di ginnastica pur avendo davanti non una persona che deve fare l'atleta, ma che ha dei problemi percettivi grossi come una casa, che nessuno si degna di trattare.
Quindi non solo questi bambini non vengono aiutati, ma anzi, li si colpevolizza, poi gli si dà un accrocco che non solo non li cura, ma li "ammala", perchè aumenta il deficit percettivo, e infine visto che tutto non funziona neanche un pò, si fa un intervento, che in alcuni casi li traumatizza pure (mi ricordo una bimba con tetraparesi che a sei anni dall'intervento di allungamento, ancora piangeva a dirotto se la portavano da un medico o se le si parlava anche lontanamente di "chirurgia").
Andiamo avanti: cosa succede con l'intervento? succede che un piede già alterato viene alterato ancora di più, e la percezione diventa un groviglio di roba incomprensibile. Ora, il medico dice: ora dobbiamo aspettare che il cervello si abitui a questa nuova condizione. Peccato che non sempre "il cervello" si adatta da solo, perchè non è vero che "il cervello comanda, e il corpo risponde": l'unità mente corpo è qualcosa su cui siamo già da un bel pò di anni, ma i taglia-e-cuci non l'hanno ancora capito.
Inoltre, se non si lavora sul problema percettivo, tempo tre anni e, soprattutto se si tratta di un bambino che cammina (perchè struttura lo schema aumentando l'irradiazione), il piede ricomincia ad andare in punta.
pensate voi a quante persone vengono operate per banali crociati anteriori o cuffie dei rotatori (interventi di chirurgia ortopedica): intervento perfetto, li rincontrate dopo 10 anni e ti dicono "oh, però a me ancora fa male...". e loro non hanno una lesione cerebrale che altera DI BASE la percezione.
è lo stesso principio: non basta staccare un pezzo, riaggiustarlo, riattaccarlo e pensare che è tutto a posto. a volte va tutto a posto. ma "sperare" che vostro figlio sia proprio tra quelli che "vanno a posto" da soli è quantomeno un salto nel vuoto, soprattutto se pensate che c'è una condizione di base (la lesione) che non lo aiuta affatto, in questo.
il cervello apprende nuovi comportamenti motori solo ed esclusivamente attraverso l'attenzione specifica verso la percezione (pensate al bimbo piccolissimo che impara a muovere la mano con la guida tattile). e non basta dire "stai attento al piede", altrimenti lo ricominciamo da capo.
mettere un tutore non risolve il problema, ma nella maggior parte dei casi lo acuisce, visto che su un arto che già "non sente" è come mettere un gesso (ci riuscite, a sentire le cose, col gesso su una mano?).
Ora, questa è la mia opinione personale generale. ovviamente ci sono casi in cui gli interventi chirurgici sono necessari: quando ormai c'è retrazione, non c'è esercizio che tenga, ormai bisogna operare. però.
a) lavorando sull'attenzione specifica verso ipotesi percettive adeguate (e diverse per ogni bambino!), non dico tutti ma l'80% degli interventi potrebbero essere tranquillamente evitati: le retrazioni sono l'eccezione (che può capitare, per carità) e non la regola, se si lavora alla radice del problema (la percezione alterata e l'alterata capacità di porre attenzione alle informazioni che provengono dalle relazioni corpo-ambiente) e non solo sull'aspetto fenomenico ("sta in punta")
b) praticamente tutti gli interventi non avrebbero recidive, se si lavorasse PRIMA dell'intervento (almeno un anno prima!) e dopo l'intervento in modo intensivo sui problemi cinestesici, tattili, somestesici, di frammentazione, ecc.
c) l'utilizzo dei tutori e degli interventi chirurgici (che ricordo, non sono in nessun caso presidi riabilitativi, ma presidi medici!) dovrebbe essere riservato solo a casi particolari:
- bambini oltre una certa età -almeno oltre i 10 anni- dopo aver tentato una riabilitazione vera che duri anni (e non ginnastica, allungamenti, palloni, manovre, stiramenti, tutine e cazzate del genere!) in cui effettivamente l'utilizzo del tutore fa la differenza nella qualità di vita (della serie: le ho provate tutte, almeno con il tutore mi sta in piedi per un pò), e solo nei casi in cui ci sia un effettivo scopo nella stazione eretta (ci sono tutori mostruosi che tengono in piedi anche un morto, ma dubito che il morto ci voglia stare e che abbia un senso tenercelo!). è una enorme baggianata dire che i bambini "vanno tenuti in piedi perchè se no si lussano le anche": è l'esatto contrario, perchè mettere forzatamente in piedi un bambino che a livello organizzativo non è pronto, non fa che aumentare l'irradiazione per lo sforzo di mantenere la posizione, il che aumenta il tono degli adduttori, che di conseguenza fa uscire la testa del femore dall'acetabolo. risultato: le anche sono lussate. e cosa vi dicono? non lo ha messo abbastanza sulla statica. sembra paradossale ed assurdo? lo è, eppure è così che succede.
- bambini in cui la deformità è tale da causare dolore o da impedire le azioni quotidiane (es. mettere le scarpe) devono assolutamente essere operati, ma è sicuro che con un lavoro di un certo tipo alla base l'esito dell'intervento sarà sicuramente più favorevole.
- bambini in cui c'è un impedimento meccanico legato ad un'eccessiva lassità (ad esempio piedi piatto-valghi molto gravi con cedimento dei legamenti) in cui però sia prospettabile la stazione eretta, vanno assolutamente sostenuti con scarpe adeguate e se necessario con tutori, e tenuti sotto controllo da un BRAVO chirurgo ortopedico (non uno di quelli "tagliamo di qua, tagliamo di là, attacchiamo questo, rincolliamo quell'altro...": scappate a gambe levate da questa gente!).
- I bambini con patologie degenerative non vanno assolutamente compresi in quanto detto fino ad ora: ovviamente un bimbo con una SMA2 o con una distrofia muscolare va tenuto in piedi il più a lungo possibile e gli va garantita una qualità di vita più alta possibile per il tempo che la patologia consente. Stesso dicasi per altre patologie in cui bisogna guardare il qui e ora, perchè domani potrebbe essere tutto diverso. quello di cui ho parlato vale solo per le lesioni e le condizioni statiche del bambino e dell'adulto.
Vorrei inoltre far presente una cosa che a nessuno sembra interessare, o che probabilmente sembra una parte marginale del problema e che invece ne rappresenta il "succo": così come altri presidi, come i piani di statica, o come le degenze per gli interventi, i tutori costano. e costano pure tanto. Anche 20, 25 mila euro per un paio di tutori reciprocanti che camminano da soli anche senza ragazzino dentro: un sarcofago di mostruosità che nulla ha a che vedere con il cammino o con gli scopi del bimbo stesso.
il fatto che voi non li paghiate "perchè li paga la ASL", significa solo che li paghiamo tutti, con le tasse, tutti i giorni. Spacciare tutori a destra e a manca conviene a tutti, perchè fa guadagnare un sacco di gente. Non voglio entrare nei dettagli perchè non è il luogo adatto, ma fermatevi sempre e pensate: perchè a tutti i bambini con PCI vengono prescritti i tutori? perchè sono sempre più piccoli i bambini "tutorizzati"? perchè poi alla fine vengono quasi tutti operati? e soprattutto:
...è possibile che non ci sia un'altra strada?
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