mercoledì 10 marzo 2010

la mamma chiede: ha una leucomalacia periventricolare, come faccio a capire se la terapia va bene per lui?

Buongiorno signora Fabiana,
sono Elisabetta, mamma di Diego che ora ha tredici mesi.
Diego è nato a termine dopo una gravidanza senza apparenti problemi, con un parto senza apparenti problemi. Purtroppo da poco gli è stata diagnosticata una leucomalacia periventricolare.
Non mi è stata indicata una diagnosi di diplegia, o emiplegia, o tetraplegia, o perlomeno non ancora. Sembrerebbero non esserci problemi cognitivi, alla vista, all'udito.

Diego attualmente non sta seduto da solo, se non per pochissimo tempo. Il tronco tende ad "afflosciarsi" e a non sorreggerlo. Usa bene la mano destra ma non altrettanto la sinistra. Da sdraiato, non sa rotolare su se stesso. Il suo problema mi sembra lo scarso tono dei muscoli del suo corpo, in particolare quelli del tronco e, a volte, quelli del collo. Invece le gambe a volte si irrigidiscono, soprattutto quando è annoiato o arrabbiato. Deve iniziare tra poco la fisioterapia nella nostra città.

Sto leggendo le domande e le risposte del suo blog, e anche io ho qualcosa da chiederle.

I ritardi e i problemi neurologici dei bambini nati a termine, con parti non in sofferenza, sono differenti da quelli di bambini prematuri e nati in sofferenza? La leucomalacia periventricolare porta sempre a paralisi cerebrale? Dà problemi di emi-, di- o tetraplegia? Da cosa dipende la gravità dei problemi che porta la leucomalacia? E' vero che è possibile un miglioramento spontaneo dei suoi disturbi?
Come posso valutare se la fisioterapia di Diego sia buona o cattiva? Leggo dal suo blog quanto possa essere dannosa la fisioterapia fatta male, e per questo sono un po' preoccupata...
Cosa posso aspettarmi dal mio Diego? Tra quanto tempo potrò vedere i primi miglioramenti? Immagino siano domande a cui sia impossibile rispondere... Ma nel trattempo, cosa posso fare per lui? Posso solo aspettare? Lui è molto vivace, vede e sente benissimo, è molto attento, dice diverse lettere e sillabe, si ricorda le cose e gli oggetti, mi sembra sia normale, ma... e se non lo fosse?
Che consigli può dare a me e a mio marito sul modo in cui trattare il piccolo? Siamo molto preoccupati e non riusciamo a pensare ad altro. I medici dicono che dobbiamo trattarlo come un bambino normale, ma per noi non è facile.

Grazie infinite. Elisabetta

Le sue domande sono legittime e comprensibili, cercherò di essere chiara senza "partire per la tangente" con inutili tecnicismi. Allora: la leucomalacia è un rammollimento della sostanza bianca del cervello. In pratica la parte del cervello che sta sotto la sostanza grigia (corteccia), viene lesionata a causa di una ischemia (il sangue "non arriva" ed i neuroni vanno incontro a morte) o di un'emorragia (il sangue "inonda" questi territori e li rammollisce, con lo stesso risultato). Per periventricolare si intende la localizzazione della lesione, ovvero quella che si trova attorno ai ventricoli cerebrali.
Riguardo alla questione bambini a termine-prematuri, questa è una domanda che dovrebbe rivolgere ad un neonatologo per avere dei dati statistici, tuttavia posso dirti che a grandi linee le diverse patologie (emiparesi, diparesi, tetraparesi, ritardi psicomotori o cognitivi, ritardi mentali, ecc.) possono verificarsi in entrambi i casi, ed in gravità non necessariamente dipendente dall'età gestazionale, dalla grandezza o dalla sede della lesione. Il neonatologo che mi faceva lezione all'università ci teneva a sottolineare che i bambini in cui la lesione si è verificata prima dell'ottavo mese di gestazione non hanno ritardo mentale perchè la corteccia non si è ancora formata e quindi la lesione è sottocorticale, in realtà io ho visto anche bambini con ritardo in seguito a lesione precedente l'ottavo mese, e soprattutto ho visto anche gravissimi ritardi mentali con lesioni sottocorticali.
In sostanza ci sono bambini nati prematuri con diagnosi di tetraparesi, o diparesi, o altro, così come bambini nati a termine con la stessa diagnosi: in entrambi i casi possiamo trovare bambini con compromissioni motorie e cognitive (anche all'interno della stessa "categoria", ad esempio tetraparesi) completamente differenti. In pratica, la tipologia di lesione non ci dice niente, sulla gravità clinica del bambino: l'unica cosa che si deve osservare, per sapere cosa fare, è il bambino stesso e quali sono le informazioni e le modalità di proposta dell'esercizio che lo modificano.
Una percentuale di recupero spontaneo c'è sempre, ma non si parla di miracoli. in questo post ho parlato dei fattori che influenzano il recupero, e il recupero spontaneo è uno di questi, ma in caso di una lesione accertata non direi che si tratti del fattore più importante, (almeno non sempre!) e comunque c'è da dire che sul recupero spontaneo non possiamo agire direttamente, ma possiamo guidarlo: l'aspetto più importante è quindi quello della tipologia di esperienze che il bambino farà.
le lesioni cerebrali portano sempre ad una PCI? decisamente no: facendo una risonanza magnetica a 100 persone sane, con ogni probabilità a 50 persone si troverebbe una qualche alterazione che però non dà esiti.
Il problema è quello che osserviamo nel bambino: l'ipertono degli arti inferiori e superiori di cui lei parla (in questo post parlo della spasticità e spiego cos'è), unito ad una compromissione del tronco e del capo ci fa pensare ad un certo tipo di quadro clinico. tuttavia questo non è indicativo della "gravità" del bimbo di per sè, nè di quello che potrà o non potrà fare in futuro: questo dipenderà anche e soprattutto da quello che farà sul piano riabilitativo. Certo, nessuno fa miracoli, ma si può procedere per piccoli passi stabilendo degli obiettivi raggiungibili in tempi adeguati, e andando avanti in questo modo.
Quando i medici dicono "lo tratti come un bimbo normale" nella maggior parte dei casi si dimenticano di ricordare ai genitori cosa significa. Succede infatti che il genitore, inserito di botto in una medicalizzazione estrema, cominci ad evitare tutti quei comportamenti che promuovono l'apprendimento del bimbo: il gioco interattivo faccia a faccia con tutte le variazioni della prosodia, i giochi sulle espressioni facciali, il guidare il bimbo verso l'esplorazione del corpo e dell'ambiente, il gioco del cucù con tutte le sue varianti, l'interazione triadica madre-bimbo-oggetto con tutte le varianti dell'indicazione/nominare l'oggetto/ condivisione dello sguardo eccetera. questi giochi vengono messi in atto spontaneamente dalle mamme di tutte le culture perchè servono a romuovere l'apprendimento del bambino da parte della madre, che lo inserisce nella cultura di riferimento, ma quando un bimbo diventa "patologico", scompaiono. Vuoi perchè tutta l'attenzione della mamma viene portata, da parte della società e del medico, sulla patologia del bambino e non sul bambino stesso, vuoi perchè il bimbo con una patologia risponde con tempi differenti rispetto ad un bimbo sano. In questo modo le mamme smettono di comportarsi come si dovrebbero comportare per aiutarlo DAVVERO e cominciano a pensare che lui "abbia bisogno di altre cose perchè non è come gli altri".
NON E' COSI'.

Come fare a capire se sta facendo una buona terapia?

le regole per capire se la riabilitazione che sta facendo ha un senso sono queste:
1) lo farei fare ad un mio figlio sano? se la risposta è NO, per qualsiasi motivo, perchè è noioso, perchè è ripetitivo, perchè lo fa piangere, perchè è doloroso, perchè "visto da fuori" sembra assurdo, si fidi, è perchè LO E'. i bambini sani, per la maggior parte, non gattonano e men che mai strisciano. Dovrebbe farlo suo figlio, forse?
2) sono stati stabiliti degli obiettivi e condivisi con voi genitori? obiettivi che non devono essere vaghi tipo "miglioramento del controllo del tronco", ma SPECIFICI! cose tipo (non è riferito al suo bimbo, ma è un obiettivo inventato per farle capire la tipologia): tra sei mesi deve stare seduto long sitting con appoggio posteriore con arti inferiori estesi e non cadere mentre segue un target che si sposta davanti a lui per 20 cm, senza irradiazione agli arti superiori. oppure raggiunge un oggetto, da supino, con l'arto superiore (destro o sinistro) senza traiettoria a parabola e adattando la presa al contatto con l'oggetto.
3) vi hanno dato delle indicazioni su come fare delle richieste al bimbo? oppure vi hanno semplicemente trasformato in manovalanza facendovi fare manovre inutili e dandovi la colpa se non migliora? Voi non siete i terapisti di vostro figlio: però potete fare tanto, adottando un'interazione adeguata e canalizzando la sua attenzione sugli aspetti in cui ha maggiori difficoltà. NO alle manovre (in generale) e assolutamente NO alle manovre fatte a casa dai genitori!
4) vi spiegano cosa stanno facendo? gli esercizi variano o per sei mesi vedete che si fa la stessa identica cosa? se vedete una staticità, c'è qualcosa che non va. i bambini migliorano anche molto velocemente, soprattutto se sono piccoli, non rimangono uguali per sei mesi: se succede questo, e non si tratta di una malattia degenerativa, la colpa è del terapista!!!!
5) trattano vostro figlio come un cane, cercando di addestrarlo con giochini tipo "dai dai dai prendilo prendilo prendilo!"? se bastasse questo, guarirebbero tutti...
6) la terapista ci parla, con vostro figlio? canalizza la sua attenzione sugli elementi rilevanti del compito? o si limita a smanazzarlo, tirarlo e rotolarlo dicendo, al massimo "no!" o "bravo!"? l'interazione è fondamentale: dovete imparare anche voi come rivolgervi al vostro bimbo, ma questo ve lo deve spiegare la terapista. Se non è in grado di spiegarvelo, cambiatela.

Consigli specifici non posso darvene, se non vedo il bambino, ma se avete bisogno potete chiamarmi al telefono agli orari indicati sul blog.

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