In questi ultimi giorni ho sentito tante di quelle aberrazioni che il mio unico pensiero è quello che la riabilitazione, semplicemente, non esiste. non esiste più o non è mai esistita, questo non lo so. so solo che lo schifo che devo sentire mi fa venire talmente la pelle d'oca che a volte non so quanto questa lotta che conduco contro i muri di gomma attraverso questo blog e attraverso il mio lavoro, per tentare di cambiare la mentalità generale, non sia una battaglia contro i mulini a vento.
questa settimana è venuta da me una famiglia con un bimbo di sei anni con una diagnosi di ritardo mentale e grave ritardo del linguaggio. vista l'età e quello che la mamma mi aveva detto per telefono ("non parla") mi aspettavo di trovare un bimbo con un ritardo cognitivo importante, con gravi problemi attentivi ed effettivamente un ritardo mentale ci poteva anche stare.
ho trovato davanti a me un bambino timidissimo, in attesa dell'ennesimo giudizio del tipo non fa questo, non fa quello; spaventato ed impaurito, ma assolutamente presente ed attento. la comprensione c'era, così come l'attenzione, la capacità di verificare l'errore, la capacità di modificarsi e cogliere i suggerimenti. ma il bimbo dice in tutto una ventina di parole, peraltro scarsamente intellegibili. c'è qualcosa che non torna: si sono messi tutti d'impegno per non farlo parlare, questo bimbo?!
la mamma è stanca, lo pungola in continuazione, lo anticipa nelle risposte, ed il bimbo è lì zitto zitto che mi guarda e mi risponde con lo sguardo alle domande che gli faccio.
faccio qualche domanda e chiedo: cosa fa in terapia? non l'avessi mai fatto, perchè scopro un baratro di aberrazioni:
- il centro, visto che in due anni e mezzo non è mai migliorato (e di chi è la colpa? lo scoprirò presto), e poichè il bambino "non collabora" (cosa?!?!), ha ben deciso di mandarlo a casa e lasciare spazio a bambini che possono migliorare (da soli, immagino).
- la psicologa (ah, quindi ha una laurea!) che lo segue ha dato questo geniale consiglio: signora, lei lo deve ignorare e fare finta di non sentirlo finchè non dice la parola detta bene. risultato: il bambino, ignorato nei suoi tentativi di comunicare, e già timido caratterialmente, ovviamente non parla più.
- questo genio della psicologia ha tirato fuori anche un'altra perla di saggezza: visto che il bimbo non vuole (e ne ha ben donde) andare in terapia, la mamma ha comunicato a questa professionista l'angoscia di dover continuamente dire al bambino cose tipo se ci vai ti compro questo, se sei bravo ti compro quello (niente di peggio sul piano formativo, ma l'unica speranza di riuscire a mandare un bambino intelligente in un posto dove viene ignorato!) ... e la risposta è stata signora, ma lei non lo sa che con i figli si va avanti a ricatti?
serve un commento?
con i capelli dritti e gli occhi di fuori, vado avanti e domando chi ha fatto la diagnosi di ritardo mentale, sulla quale non sono d'accordo, e la mamma mi tira fuori una serie di fogli dove sono scritte una valanga di cifre: tutti risultati di test quantitativi. scala Brunet-Lezine punteggio tot; test Peabody punteggio tot; scala Wish-R punteggio tot. e via dicendo. spiego alla mamma che questi test non sono attendibili perchè segnano sempre e solo con una serie di crocette "quello che non fa". il problema è che un bimbo può non rispondere o rispondere in modo errato per una marea di motivazioni diverse: non capisce il compito, ha problemi di analisi visiva, è timido e si vergogna, ha problemi di disprassia e visuolocalizzazione, è eminattento, è carente nella costruzione delle strategie per risolvere il compito, ha problemi di progettazione, ecc. ecc.
E' completamente inutile scrivere "non mette insieme quattro parti a formare una figura" se non sappiamo perchè non lo fa; peraltro in questo modo il punteggio può essere molto basso pur avendo il bambino buone capacità: ma se ha problemi di comprensione, e non capisce cosa deve fare, come possiamo dire "non lo sa fare"? sarebbe molto più onesto scrivere "non capisce la richiesta", ma questo significherebbe saper fare una valutazione decente delle capacità cognitive.
questa settimana è venuta da me una famiglia con un bimbo di sei anni con una diagnosi di ritardo mentale e grave ritardo del linguaggio. vista l'età e quello che la mamma mi aveva detto per telefono ("non parla") mi aspettavo di trovare un bimbo con un ritardo cognitivo importante, con gravi problemi attentivi ed effettivamente un ritardo mentale ci poteva anche stare.
ho trovato davanti a me un bambino timidissimo, in attesa dell'ennesimo giudizio del tipo non fa questo, non fa quello; spaventato ed impaurito, ma assolutamente presente ed attento. la comprensione c'era, così come l'attenzione, la capacità di verificare l'errore, la capacità di modificarsi e cogliere i suggerimenti. ma il bimbo dice in tutto una ventina di parole, peraltro scarsamente intellegibili. c'è qualcosa che non torna: si sono messi tutti d'impegno per non farlo parlare, questo bimbo?!
la mamma è stanca, lo pungola in continuazione, lo anticipa nelle risposte, ed il bimbo è lì zitto zitto che mi guarda e mi risponde con lo sguardo alle domande che gli faccio.
faccio qualche domanda e chiedo: cosa fa in terapia? non l'avessi mai fatto, perchè scopro un baratro di aberrazioni:
- il centro, visto che in due anni e mezzo non è mai migliorato (e di chi è la colpa? lo scoprirò presto), e poichè il bambino "non collabora" (cosa?!?!), ha ben deciso di mandarlo a casa e lasciare spazio a bambini che possono migliorare (da soli, immagino).
- la psicologa (ah, quindi ha una laurea!) che lo segue ha dato questo geniale consiglio: signora, lei lo deve ignorare e fare finta di non sentirlo finchè non dice la parola detta bene. risultato: il bambino, ignorato nei suoi tentativi di comunicare, e già timido caratterialmente, ovviamente non parla più.
- questo genio della psicologia ha tirato fuori anche un'altra perla di saggezza: visto che il bimbo non vuole (e ne ha ben donde) andare in terapia, la mamma ha comunicato a questa professionista l'angoscia di dover continuamente dire al bambino cose tipo se ci vai ti compro questo, se sei bravo ti compro quello (niente di peggio sul piano formativo, ma l'unica speranza di riuscire a mandare un bambino intelligente in un posto dove viene ignorato!) ... e la risposta è stata signora, ma lei non lo sa che con i figli si va avanti a ricatti?
serve un commento?
con i capelli dritti e gli occhi di fuori, vado avanti e domando chi ha fatto la diagnosi di ritardo mentale, sulla quale non sono d'accordo, e la mamma mi tira fuori una serie di fogli dove sono scritte una valanga di cifre: tutti risultati di test quantitativi. scala Brunet-Lezine punteggio tot; test Peabody punteggio tot; scala Wish-R punteggio tot. e via dicendo. spiego alla mamma che questi test non sono attendibili perchè segnano sempre e solo con una serie di crocette "quello che non fa". il problema è che un bimbo può non rispondere o rispondere in modo errato per una marea di motivazioni diverse: non capisce il compito, ha problemi di analisi visiva, è timido e si vergogna, ha problemi di disprassia e visuolocalizzazione, è eminattento, è carente nella costruzione delle strategie per risolvere il compito, ha problemi di progettazione, ecc. ecc.
E' completamente inutile scrivere "non mette insieme quattro parti a formare una figura" se non sappiamo perchè non lo fa; peraltro in questo modo il punteggio può essere molto basso pur avendo il bambino buone capacità: ma se ha problemi di comprensione, e non capisce cosa deve fare, come possiamo dire "non lo sa fare"? sarebbe molto più onesto scrivere "non capisce la richiesta", ma questo significherebbe saper fare una valutazione decente delle capacità cognitive.
Dopo venti minuti il bambino si stacca dalla mamma (era rimasto in braccio fino a quel momento) e comincia a dire qualche parolina. sorride, è interattivo, si corregge. alla fine gli chiedo se si è divertito e mi dice "sì".
comunico alla mamma che questo bambino è molto bravo, e lei sfiduciata mi fa "dici? tutti quanti mi dicono di no".
io sono così sconvolta che non riesco neanche a comunicare il mio sdegno nei confronti di quanti sostengono di occuparsi di riabilitazione. si dovrebbero vergognare. rovinare un bambino, che a sei anni si trova, tra ricatti, gente che fa finta di non sentirlo e professionisti che dicono che è un ritardato, a non fidarsi di nessuno (e già questo dovrebbe essere una prova certa delle sue capacità intellettive). sfasciare una famiglia, riuscire a cancellare anche la spontanea interazione tra una madre e suo figlio, trasformandola in un'angosciante richiesta continua "come si dice questo? e dillo, dillo, dillo! dai, dì come si dice!" quando non addirittura nel tentativo (riuscito, dannazione a loro) di far sentire questo povero bambino trasparente: provo a comunicare con te, e tu mi ignori; i miei tentativi cadono nel vuoto, probabilmente nessuno ha voglia di sentire quello che dico, se non per dirmi quello che non so fare.
questo bambino medicalizzato fino all'esasperazione (financo la psicologa, gli hanno dato! e che psicologa!! se non ne aveva bisogno prima, sicuramente ne avrà bisogno ora, visto quello che gli ha fatto!) peraltro senza alcun risultato, questa madre esasperata dalle assurde richieste dei terapisti (ignoralo!), questo padre che mi chiede con angoscia, come se si trattasse di un bambino malato gravemente, ma c'è speranza? e tutta questa montagna di aberrazioni è stata costruita ad arte da coloro i quali si dovrebbero occupare di curare le persone, ed accompagnarle in un percorso un pò più difficile, ma sicuramente possibile.
no, io non ci sto. non posso accettarlo. questo dolcissimo bambino tornerà domani. e stavolta, giuro che una volta che il bimbo si sarà tranquillizzato, faccio i filmati. da ora, ai prossimi sei mesi: voglio proprio vedere cosa avranno il coraggio di dirmi.
ma oggi, eccone un'altra. mi chiama la mamma di un bimbo autistico, un piccolino di due anni e mezzo, diagnosticato a marzo. mi comunica che vuole portarmi il piccolo perchè ha avuto il mio contatto da un bravo neuropsichiatra con cui ho avuto una breve collaborazione in un progetto che ho poi volontariamente abbandonato per una serie di motivi.
La mamma mi racconta che la sua terapista prende il bambino, se lo mette in braccio con la forza (già, davvero piacevole, per un bimbo con autismo, essere preso in braccio contro la sua volontà!) e lo costringe a "giocare" mentre lui piange e urla tutto il tempo (che strano concetto del gioco, saranno degli studi di psicologia dello sviluppo che mi sono persa). al momento, il bambino appena vede questa macellaia, scappa e si mette a piangere. lei ovviamente commenta con un bel Eh signora, ma deve essere così!
posso solo augurare a questa gente, che del terapista ha solo l'etichetta attaccata sulla divisa, di essere costretta, in un'altra vita, in un girone infernale dove trovarsi legata, con un bavaglio alla bocca, in un paese dove i tentativi di comunicare il disagio per questa condizione vengano non ignorati, ma commentati con una bella risata ed uno sputo in faccia.
comunico alla mamma che questo bambino è molto bravo, e lei sfiduciata mi fa "dici? tutti quanti mi dicono di no".
io sono così sconvolta che non riesco neanche a comunicare il mio sdegno nei confronti di quanti sostengono di occuparsi di riabilitazione. si dovrebbero vergognare. rovinare un bambino, che a sei anni si trova, tra ricatti, gente che fa finta di non sentirlo e professionisti che dicono che è un ritardato, a non fidarsi di nessuno (e già questo dovrebbe essere una prova certa delle sue capacità intellettive). sfasciare una famiglia, riuscire a cancellare anche la spontanea interazione tra una madre e suo figlio, trasformandola in un'angosciante richiesta continua "come si dice questo? e dillo, dillo, dillo! dai, dì come si dice!" quando non addirittura nel tentativo (riuscito, dannazione a loro) di far sentire questo povero bambino trasparente: provo a comunicare con te, e tu mi ignori; i miei tentativi cadono nel vuoto, probabilmente nessuno ha voglia di sentire quello che dico, se non per dirmi quello che non so fare.
questo bambino medicalizzato fino all'esasperazione (financo la psicologa, gli hanno dato! e che psicologa!! se non ne aveva bisogno prima, sicuramente ne avrà bisogno ora, visto quello che gli ha fatto!) peraltro senza alcun risultato, questa madre esasperata dalle assurde richieste dei terapisti (ignoralo!), questo padre che mi chiede con angoscia, come se si trattasse di un bambino malato gravemente, ma c'è speranza? e tutta questa montagna di aberrazioni è stata costruita ad arte da coloro i quali si dovrebbero occupare di curare le persone, ed accompagnarle in un percorso un pò più difficile, ma sicuramente possibile.
no, io non ci sto. non posso accettarlo. questo dolcissimo bambino tornerà domani. e stavolta, giuro che una volta che il bimbo si sarà tranquillizzato, faccio i filmati. da ora, ai prossimi sei mesi: voglio proprio vedere cosa avranno il coraggio di dirmi.
ma oggi, eccone un'altra. mi chiama la mamma di un bimbo autistico, un piccolino di due anni e mezzo, diagnosticato a marzo. mi comunica che vuole portarmi il piccolo perchè ha avuto il mio contatto da un bravo neuropsichiatra con cui ho avuto una breve collaborazione in un progetto che ho poi volontariamente abbandonato per una serie di motivi.
La mamma mi racconta che la sua terapista prende il bambino, se lo mette in braccio con la forza (già, davvero piacevole, per un bimbo con autismo, essere preso in braccio contro la sua volontà!) e lo costringe a "giocare" mentre lui piange e urla tutto il tempo (che strano concetto del gioco, saranno degli studi di psicologia dello sviluppo che mi sono persa). al momento, il bambino appena vede questa macellaia, scappa e si mette a piangere. lei ovviamente commenta con un bel Eh signora, ma deve essere così!
posso solo augurare a questa gente, che del terapista ha solo l'etichetta attaccata sulla divisa, di essere costretta, in un'altra vita, in un girone infernale dove trovarsi legata, con un bavaglio alla bocca, in un paese dove i tentativi di comunicare il disagio per questa condizione vengano non ignorati, ma commentati con una bella risata ed uno sputo in faccia.
5 commenti:
"....so solo che lo schifo che devo sentire mi fa venire talmente la pelle d'oca che a volte non so quanto questa lotta che conduco contro i muri di gomma attraverso questo blog e attraverso il mio lavoro, per tentare di cambiare la mentalità generale, non sia una battaglia contro i mulini a vento.."
Carissima, forse non riuscirai a cambiare la "mentalità generale" ma penso che il tuo contributo per far capire le cose A CHI VUOLE ASCOLTARE sia una cosa preziosissima ed importantissima.
Per me sei stata, e sei, di grandissimo aiuto e penso che ci siano altre persone che possono dire altrettanto.
Ops.. volevo fare un commento su quello che hai scritto, ma sento troppa amarezza. Per fortuna che oggi abbiamo in mano un arma potentissima: internet.
Che ci permette di informarci e di confrontarci con persone che mai e poi mai avremmo avuto modo di conoscere anche solo 20 anni fa.
Va bè... sono andato un po' fuori discussione...
Cara Fabiana, non so se riuscirai a cambiare la mentalità generale, quello non dipende solo da te, o da me, o da un altro. Questo potrebbe essere come combattere contro i mulini a vento...perché si tratta di incidere sul modo di pensare e lavorare di molte altre persone, e ciò dipende anche da loro, dal loro percorso umano, dal loro percorso formativo, direi perfino dal loro personale ed intimo destino.
Invece fare il proprio lavoro al massimo delle proprie risorse e possibilità, che significa anche fare questo importantissimo lavoro di divulgazione che stai facendo, questo non è combattere contro i mulini a vento, questo si può fare, perché dipende da ciascuno di noi, ed è ciò che può darci un po' di pace e soddisfazione.
Ti ringrazio, perché dai voce e ordine alle idee che ho provato a portare nel mio percorso universitario, e che adesso sto portando nel mio lavoro. A proposito dei test quantitativi standardizzati da te citati nel post, anche io durante il tirocinio universitario mi ponevo il problema della comprensione della richiesta, ed era questo un fatto che mi faceva procedere in modo più cauto, lento, riflessivo, di quanto faceva la mia insegnante. E proprio lei, quella che mi ha insegnato e consegnato al mondo come neuropsicomotricista, ha liquidato le mie incertezze ed i miei pensieri dicendomi: "Questi sono test standardizzati, non devi porti il problema della comprensione della richiesta, perché anche questa fa' parte della prova del test".
Non mi convinceva troppo, ora che ti sto leggendo mi convince ancora meno.
Caro Lucio,
so benissimo di aver aiutato tante famiglie in questi anni, visto che continuano a chiamarmi per farmi sapere come vanno le cose, ma il problema è che qui TUTTI dovrebbero fare la loro goccia di bene, ed invece si sguazza in un mare di orrore. tuttavia bisogna continuare, continuare, continuare: chi vuole ascoltare, ascolterà. chi non ne ha voglia, farà la sua strada, ma almeno, che sia chiaro che le possibilità differenti CI SONO.
grazie Piergiorgio per le tue parole, bisogna sempre ricordarsi che mai c'è stata frase più vera di "Tutto ciò che è necessario per il trionfo del male è che gli uomini buoni non facciano niente" (E.Burke).
comunque, riguardo ai test, prova a chiedere alla tua docente se magari fargli il test in tedesco potrebbe essere ancora meglio!
1. il test quantitativo non serve A NIENTE: non valuta NULLA, dà un punteggio. il punteggio non è di nessuna utilità per stabilire un piano riabilitativo, perchè non ti dice niente sui problemi del bambino e quindi non serve per sapere cosa ci devi fare. i protocolli di valutazione sono delle proposte INTERATTIVE QUALITATIVE che servono a stabilire "cosa c'è, cosa non c'è, cosa c'è ma non va" e quindi PER COSTRUIRE ESERCIZI. se la valutazione non serve a questo, a cosa serve? tutti che valutano questi bimbi, ma poi, di fondo, nessuno sa cosa farci.
2. il discorso della tua insegnante suona allo stesso modo di "test per la valutazione della funzionalità del terzo braccio". se il terzo braccio non esiste, non fa niente: il test ne terrà conto ;)
È, secondo me, una pericolosissima illusione pensare che la classe medica (e in questa includo anche fisioterapisti, psicologi, ecc.) possa restituirci il figlio che avremmo voluto. Ogni bambino è un individuo a sé, sia che sia sano o no, ogni individuo è unico e sicuramente diverso in ogni caso dalle nostre aspettative. Impariamo a conoscerlo giorno dopo giorno e ci fidiamo di chi dovrebbe saperne più di noi perché con questi “problemi” ci lavora ogni giorno affinché ci aiuti a stabilire una relazione, ad entrare in contatto con una realtà che a volte ci sembra incomprensibile e lontana. Ma questo, a volte, purtroppo ci allontana dal ritenere quel bambino semplicemente nostro figlio e come per un malefico sortilegio quello che avremmo fatto seguendo il nostro istinto, se fosse stato sano, sembra non essere più giusto e a volte forse anche deleterio.
Il confine tra ciò che è bene per lui e ciò che in realtà facciamo esclusivamente per noi, perché quel bambino possa rispondere ai nostri desideri, diventa tutt’a un tratto meno nitido, i confini si confondono e tutto diventa lecito perché tanto “è per il suo bene”. Da genitore mi sento di dire a gran voce: stiamo attenti! In fondo gli addetti ai lavori non fanno altro che semplificare il problema ingabbiando in vuote categorizzazioni la complessità dell’essere umano per cui non si tratta più di Alessandro, Irene, Francesca ma di un ritardato, un autistico, una tetra paresi. Ridiamo dignità ai nostri BAMBINI, non lasciamo che siano maltrattati, non se lo meritano, e noi come genitori glielo dobbiamo!
Non facciamo tacere la vocina dentro di noi che ci grida, anche se soffocata: ma porca miseria, deve esserci dell’ALTRO ALTROVE!
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