venerdì 16 ottobre 2009

la mamma chiede: tutori e statica in malattia mitocondriale. piange e vomita, ma mi dicono di continuare, è giusto?

Mio figlio 5 anni e mezzo affetto da una patologia mitocondriale non parla non regge il capo, non deglutisce, da circa un anno abbiamo cambiato tipo di riabilitazione, prima statica, tutori e mobilizzazione quotidiana, ora seguiamo un programma di esercizi tipo Doman ha iniziato a muoversi riesce a strisciare su un piano inclinato riesce a sollevare il capo quando è prono e qualche volta rotola su un fianco, è tanto felice e lui si impegna molto quando riesce a fare qualcosa in modo attivo.
Di recente addiamo fatto delle radiografie e ad una sospetta lussazione dell'anca, dico sospetta perchè il medico nel referto non l'ha scritto, l'ortopedico l'ha ipotizzato a voce e non ha scritto niente, ma in compenso sono stata rimproverata perchè non l'ho messo più in statica e non gli ho rifatto i tutori, ho spiegato che il bambino non li sopportava e aveva tanto fastidio che sudava e mi vomitava di continuo.
Be mi hanno risposto di insistere ... non credo che lo farò.
Il centro che mi segue con gli esercizi che stiamo facendo ultimamente, non vuole che F. porti i tutori e lo si metta in piedi, lui dovrebbe stare il più possibile prono.
Non so più a chi credere... so per certo che nell'ultimo anno c'è stato il miglioramento evidente riesce a muoversi prima era più immobile e più rigido, adesso l'ipertono è quasi scomparso tanto che se sostenuto sotto le ascelle non riesce più ad stare in piedi come faceva prima, naturalmente ci riusciva sfruttando l'ipertono.
Le volevo chiedere se nelle mie parti io sono della provincia di AP c' è una terapista che mi possa consigliare quello che è meglio per mio figlio  e su quale strada proseguire
grazie 


Cara Luigina,
come immaginerai l'approccio tipo Doman (o anche Delacato, o Fay, o Dotso -mi pare si scriva così- che sono tutti, seppur apparentemente diversi, tutti uguali nella sostanza) non mi trova d'accordo nella maniera più assoluta, ma al di là di questo (visto che si tratta di scelte personali), provo a darle il mio punto di vista sulle questioni che mi ha posto.
per quanto riguarda la statica, è sempre la solita storia: viene detto che serve per non far lussare le anche. Nella realtà è l'esatto contrario, e le spiego perchè.
La testa del femore è, detto proprio brutalmente, una semisfera inserita all'interno di una concavità chiamata acetabolo. La centratura della testa femorale viene costruita nelle diverse fasi di sviluppo coerentemente con la costruzione attiva di informazioni cinestesiche, (di movimento) e non per carico. Infatti a) non tutti i bambini che non stanno in piedi hanno le anche lussate; b) c'è una percentuale altissima di bambini con le anche lussate o operati di lussazione delle anche che hanno fatto uso della statica.
Nei bambini con tetraparesi  (ed il suo, nonostante  non sia una PCI, è clinicamente definibile così), la carenza delle informazioni cinestesiche fa in modo che vengano organizzati schemi di movimento elementari, abnorme irradiazione e RAAS a livello di alcuni distretti muscolari (praticamente sempre gli stessi); tra questi c'è il distretto degli adduttori (muscoli che chiudono gli arti inferiori) e gli intrarotatori (muscoli che ruotano all'interno gli arti inferiori). Questo stato di tensione "tira" il femore, che come una leva, tirato verso l'interno alla base, va verso l'esterno all'altro capo (spero che sia chiaro), uscendo dall'acetabolo. Ora, se noi aumentiamo a dismisura il tono di quel distretto muscolare, la testa del femore probabilmente uscirà dalla sua sede naturale.
Il bambino che ha difficoltà a mantenere la posizione seduta, o a volte anche il capo, messo su una statica tenderà ad irradiare perchè la posizione eretta è troppo complessa per lui. Infatti palesemente si vede il bambino che "sta più dritto", di un "dritto" però esageratamente rigido: significa che sfrutta l'ipertono. per i tutori è lo stesso discorso: non prevengono assolutamente le retrazioni, anzi: nelle problematiche di ipertono  Tra l'altro, molto spesso (come accade per suo figlio), è il bambino stesso che ci sta dicendo "questo non va bene per me": suo figlio vomita, suda e sta male, e lei (giustamente) lo ha ascoltato. Lei ha fatto una scelta sensata, in questo senso. Quindi sono d'accordo con i vostri terapisti sul non stare in piedi: attenzione però. nella metodica che state adottando, al bambino viene richiesto di andare per "tappe". Dopo lo striscio ci sarà il gattonamento: premesso che il gattonamento NON è ASSOLUTAMENTE, IN NESSUN CASO un prerequisito del cammino (non sono d'accordo col modello teorico di Doman, di Delacato, di Fay e quant'altri: sono modelli vecchi, smentiti da decenni dagli studi di neuroimaging e di conseguenza gli esercizi sono sul piano concettuale e fattivo scorretti), questi bambini vengono fatti gattonare per ANNI. un bambino sano, ammesso che  gattoni (visto che circa l'80% di TUTTI i bambini non sperimentano mai il gattonamento, e non l'80% dei bambini patologici, ma tutti), lo fa per un tempo limitatissimo: giorni, qualche settimana al massimo, prima di mettersi in piedi. il gattonamento protratto diventa l'unico modo per spostarsi, e SFASCIA letteralmente le ginocchia e le anche; inoltre facilita le retrazioni (frequentissime nei bambini con ipertono "gattonatori") a causa della posizione "raccolta", quindi assolutamente attenzione.
Per la posizione prona, non sono d'accordo perchè non è una posizione che permette, ad un bambino con così tante difficoltà, l'interazione con l'adulto e l'utilizzo degli arti superiori per finalità che non siano strisciare (per cui comunque vale lo stesso discorso del gattonamento): gli arti superiori servono per raggiungere gli oggetti, non per arrancare a mò di percorso di sopravvivenza militare, ma questo è quello che propongo personalmente , nel caso del Doman il modello teorico è diverso.
Questi bambini, se sappiamo osservarli, ci sanno raccontare esattamente quello che va bene o non va bene per loro (anche senza arrivare a casi limite come il suo bimbo, che addirittura vomita): se un'attività è realmente terapeutica, non si vede dal fatto che "si divertono" (altrimenti anche il parco sarebbe una terapia!), nè dal fatto che "si muovono". il bambino è attento al suo corpo in maniera specifica, controlla almeno parzialmente l'ipertono, guarda, condivide l'esperienza con l'adulto, commenta (con vocalizzi o parole adeguati al contesto) l'esperienza.
 

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