lunedì 31 agosto 2009

dal gruppo Facebook la mamma chiede: leucomalacia periventricolare, ma cos'è?

Cara Fabiana,
mio figlio ha la leucomalacia periventricolare definita lieve.
a novembre compie 3 anni. e' seguito ad un centro dove in questo periodo hanno voluto sospendere la terapia perche' dicono che il problema perche' non cammina e' prevalentemente neurologico, e cosi' vogliono fare una terapia a cicli. ora e' un mese che è sospesa e non so' quando me la fanno riprendere).
Il pupo adesso gattona si alza in piedi da solo ma nn cammina.
secondo me non e' giusto sospendere perche' mio figlio ha bisogno sopratutto di stimoli, volevo sapere cosa ne pensi tu.
io vorrei cambiare centro e far fare delle cose piu' moderne...anche perche' per adesso non e' che si sia fatto molto ...sembrava una osservazione del bimbo un gioco per veder sino che movimenti arriva il bimbo.

Altra cosa, voglio portare il pupo a fare la risonanza magnetica (a genova hanno un sistema che mi costringono a fare un ricovero). Mi hanno proposto di andare gia' a novembre, fede compie in quel mese 3 anni...e ' mica presto? cioe' so che ai 3 anni il cervello si completa nella crescita, ma npn e' meglio aspettare qualche mese oppure e' uguale?
Inoltre volevo chiederti: la leucomalacia con gli anni scompare? cioe' un bimbo con questa patologia riesce a recuperare del tutto?
la leucomalacia ha problematiche tipo autismo?

Grazie

Le domande qui sono tante, cominciamo.
che significa il problema è prevalentemente neurologico? certo, che è neurologico, la leucomalacia periventricolare è un rammollimento della sostanza bianca cerebrale che si trova vicino ai ventricoli, si aspettavano forse un problema ortopedico?! forse volevano dire che il problema è prevalentemente cognitivo, ovvero che non avendo problemi gravi di paralisi con ipertono/spasticità, il problema è nella motivazione e nelle capacità cognitive che risultano lacunose. In questo, come in tutti gli altri casi, il problema è duplice: se interrompono la terapia a tre anni perchè il problema è cognitivo, ed il bimbo non migliora, significa che a questo bambino non sanno che cosa fargli fare. anche insistendo per continuare la terapia, devi essere consapevole che lì stai perdendo il tuo tempo, ma soprattutto quello del bambino (leggi questo post a proposito).
la terapia va a cicli quando il bambino si stabilizza, e questo è vero, ma intorno ai tre anni è l'età classica per cui la terapia "tradizionale" comincia a non funzionare più. ti spiego perchè: in seguito alla lesione c'è una percentuale di recupero assolutamente spontaneo che porta il bambino, soprattutto nei primi mesi ed anni, a raggiungere determinati obiettivi che avrebbe raggiunto comunque anche in assenza di terapia (o meglio, di quel tipo di terapia). quindi succede che "finchè funziona", il terapista si prende il merito, anche laddove questo merito non c'è assolutamente. quando non funziona più (e questo avviene tanto prima quanto più "difficile" è il problema da trattare) è il bambino che ha problemi cognitivi. siamo sempre lì: i troppo gravi sono troppo gravi, i troppo lievi sono troppo lievi (sì, c'è anche questo), i problemi cognitivi sono troppo cognitivi. in pratica, se fai una media, quali sono i bambini che rimangono da trattare? quelli che avrebbero recuperato comunque da soli, e anche in quel caso, con una buona riabilitazione ti assicuro che avrebbero recuperato meglio.
sotto questo punto di vista il mio consiglio è: cambia centro, cambia terapista, cambia tutto. e' vero che ha bisogno di stimoli, ma di certo non quelli. i bambini migliorano fino a molti, molti, molti anni dopo la lesione, se sono ben trattati. altrimenti, in assenza di richieste adeguate, rimangono più o meno come sono al di là di un miglioramento spontaneo dovuto alla crescita: nei bambini con ritardi cognitivi questo è difficile, in assenza di una buona riabilitazione, perchè non riescono a trovare da soli la strategia adeguata per imparare cose nuove, e la motivazione è carente. compito del terapista sarebbe proprio quello: lavorare sulla motivazione senza scadere nell'addestramento da terapia comportamentale (hai fatto bene, ti dò il biscotto, cose che posso fare col mio cane, di certo un bimbo si merita di meglio).

andiamo avanti. il cervello non finisce di svilupparsi a tre anni: a dirla tutta, l'ultimo a svilupparsi anatomicamente è il lobo frontale, attorno ai 7 anni. l'apprendimento però continua finchè una persona è viva: con modalità e tempi diversi, il cervello cambia in continuazione, ogni volta che si fa esperienza. la risonanza, se non ne ha mai fatta una, (ma non credo, visto che ha una diagnosi precisa di leucomalacia periventricolare) serve a vedere l'entità della lesione; se ne ha già fatta una, a vedere se si è modificata. in realtà, nel caso delle paralisi cerebrali infantili dovute a lesione ischemica o emorragica, causate dalla prematurità ecc., il problema non è che è presto o è tardi, ma che dopo la diagnosi, a livello prettamente riabilitativo (e questo è a maggior ragione vero nel caso di questo tipo di riabilitazione "tradizionale" che propina a tutti le stesse cose, indipendentemente dalle lesioni e dalle problematiche, e se non migliorano è il bambino che...) la risonanza non serve a niente: anche se nel referto ci fosse scritto che il tuo bimbo non ha il cervello, sarebbe sempre lui. così come se ci fosse scritto che ha un cervello perfetto, questo non cancellerebbe i suoi problemi. fatti spiegare a cosa serve la risonanza alle persone che hanno in carico tuo figlio: il trattamento non cambierebbe comunque (tanto, da quello che mi dici, non sanno già cosa farci). diverso è il discorso per altri tipi di patologie (degenerative, o di diagnosi dubbia, ecc.), o nel caso subentrassero altri tipi di sintomi (epilessia, ecc.), ma almeno da quello che dici non mi sembra il tuo bimbo rientri in queste problematiche.

mi aggancio così alla tua ultima domanda: la leucomalacia periventricolare ha caratteri di autismo? ecco, il problema è che se è pur vero che ci sono delle caratteristiche comuni ad alcuni tipi di lesione, per quanto si possa leggere sui libri che la lesione X dà il problema Y, per la mia esperienza questo non è quasi mai riscontrabile. lesioni gravissime e bambini clinicamente discreti, lesioni lievi e bambini gravissimi, sono un classico. a volte, ma solo a volte, la risonanza dà ragione dei problemi clinici evidenziati, ma mentre è più semplice nell'adulto "farsi un'idea" di cosa si andrà a trovare nel paziente guardando una risonanza, è praticamente impossibile, vedendo una risonanza, sapere com'è il bambino. chi ti dice ad esempio che il bambino è intelligente perchè non ha lesioni corticali, o è in malafede o è ignorante: ci sono bambini con lesioni corticali molto intelligenti (anche se con problemi spaziali, o di linguaggio, o di memoria, e via dicendo) e bambini con lesioni sottocorticali con gravi problemi cognitivi, senza contare tutti i ritardi mentali idiopatici in assenza di lesioni riscontrabili. semplicemente, in una PCI, dalla sola risonanza non si può assolutamente dire come è o come diventerà il bambino: il bambino bisogna vederlo.
questo perchè le lesioni si sono generate quando le aree non erano ancora specializzate, e quindi l'organizzazione avviene dopo e sulla lesione, cercando di fare in modo che altre aree veicolino le funzioni che sarebbero dovute diventare delle aree lesionate.
per dire, io ho visto bambini con problemi di linguaggio e lesioni dell'emisfero destro (cosa che nell'adulto, a meno di specifici casi particolari che non sto qui a descrivere, non si verifica quasi mai). quindi: la leucomalacia periventricolare può avere caratteri di autismo? è possibile. è possibile anche che quelli che tu chiami "caratteri di autismo" siano alcune caratteristiche del ritardo cognitivo senza rientrare necessariamente nello spettro autistico (stereotipie, difficoltà di fissazione e di interazione... sono un classico). ovviamente non posso dirtelo senza vedere il bambino, ma è una delle ipotesi.

per quanto riguarda la domanda se è possibile guarire, in tutta sincerità lo escludo. in alcuni casi molto lievi già inizialmente, può verificarsi una piccola lesione che poi, nei mesi (a tre anni e con i problemi di cui parli sinceramente, a meno di un miracolo, lo escludo) successivi si riassorbe, e dunque all'evidenza della risonanza non è più riscontrabile. a volte succede che anche in questi casi, dove la lesione non sia più visibile, permangono alcune difficoltà (e sono i "casi inspiegabili": in realtà è solo che la lesione è rientrata, ma ha lasciato esiti).
ho visto però dei miglioramenti incredibili e ritenuti impossibili (fino ad un solo caso limite di un bambino con tetraparesi completamente rientrato clinicamente, ma trattato fin dall'inizio con ETC da un'eccellente terapista, e non era certo un caso grave) grazie ad una riabilitazione fatta davvero bene.
in ogni caso, se aspettarsi una guarigione è miracolistico, pretendere una buona riabilitazione è un tuo diritto. pretendere degli obiettivi concreti e un'ammissione di incompetenza da parte di chi ti dice che siccome è cognitivo, non si può trattare sarebbe cosa buona e giusta. come dice una delle più brave terapiste che conosco, "non esiste il bambino troppo grave, esiste il terapista che non sa cosa farci: se il bambino è grave, il terapista deve diventare grave"

in bocca al lupo.

la psicologa chiede: qual'è la differenza tra diparesi e diplegia?


Ciao fabiana mi sono imbattuta nel tuo diario di una terapista cercando su internet informazioni sulla diparesi spastica. sto cercando questo tipo di info perchè sto per laurearmi in psiologia e il titolo della mia tesi sperimentale è ''un programma di deambualzione con un bambino con disabilità multiple''. il bambino di cui mi sto occupando è affetto da diparesi spastica...non essendo esperta di fisioterapia, capire penamente di che cosa si tratta non è facile, spesso ho sentito parlare di diplegia in sostituzione al termine diparesi, ma non riesco a capire se si tratta della stessa cosa, o se la diparesi è una forma successiva e aggravata dlla diplegia? potresti spiegarmi la differenza se esiste? ti ringrazio. gabriella


La differenza tra "plegia" e "paresi" è di competenza prettamente del neurologo, e a livello riabilitativo non ci è molto utile.
a livello di definizione la plegia (e quindi diplegia, emiplegia, tetraplegia, monoplegia, triplegia), è costituita dall'assenza di movimento; si parla di paresi (diparesi, emiparesi, tetraparesi, monoparesi, triparesi, doppia emiparesi) quando il movimento sia alterato (per quantità e/o per qualità). in sostanza, poichè la definizione di paralisi cerebrale infantile è
disturbo persistente ma non progressivo della postura e del movimento dovuto ad alterazioni della funzione cerebrale infantile prima che il sistema nervoso centrale abbia completato il suo sviluppo
e che si caratterizza, tra le altre cose ( ci possono essere problemi cognitivi, comportamentali, ecc.), con un'alterazione del movimento, la plegia non si verifica mai. i tant'è vero che bambini con diparesi, a meno di interventi riabilitativi aberranti, generalmente camminano. anche tra le tetraparesi ci sono i bimbi che camminano e quelli che non camminano, ma è praticamente impossibile trovarne anche solo uno che non effettui dei movimenti, anche minimi, in relazione alla gravità.
nelle paralisi cerebrali infantili si tratta quindi sempre di paresi, anche se a volte i termini vengono utilizzati indifferentemente, poichè nelle PCI il movimento, anche se alterato, anche se a volte quasi impercettibile, c'è.
si dovrebbe in teoria parlare di plegia nelle lesioni midollari complete o nelle patologie che coinvolgono i motoneuroni (es. Sclerosi Laterale Amiotrofica), nelle patologie muscolari degenerative (come ad esempio le SMA, le distrofie muscolari, ecc.), e via dicendo. Laddove il danno sia centrale (e parlo di cervello, ma anche del midollo nel caso delle lesioni incomplete) dopo la fase di diaschisi (leggi questo post per avere un'idea di cosa sia) in cui c'è assenza di movimento (prendi ad esempio le emiplegie dell'adulto dove si assiste platealmente alla cosiddetta "fase flaccida"), inizia il recupero e si evidenzia l'alterazione, costituita dall'ipertono. possono esserci altre componenti di alterazione (distonie, atetosi, atassia, disprassia, ecc.), ma il fatto che a volte vengano chiamate con denominazioni specifiche come "tetraplegia spastico distonica" o "diplegia dispercettiva" o altre non deve trarti in inganno: nelle paralisi cerebrali, si tratta comunque di una alterazione del movimento, e non dell'assenza di questo, e quindi si dovrebbe parlare sempre di paresi.
a livello riabilitativo, tutte queste denominazioni non servono ad alcunchè, perchè cercano di "inquadrare" il paziente in una categoria, ma non ti danno nessuna indicazione sulla sua specificità, tant'è che si può avere una tetraparesi spastica gravissima, e una con la stessa definizione ma che cammina ed è autonomo. non si tratta di un problema solo "quantitativo", perchè anche nei bambini "più o meno della stessa gravità", ci sono differenze sostanziali (una tetraparesi o diparesi maggiore a destra è diversa da una maggiore a sinistra, e anche nella stessa lateralità i problemi sono assolutamente specifici a seconda del bimbo!). ecco allora che si evidenzia l'importanza di una riabilitazione assolutamente personalizzata che non si limiti all'utilizzo degli attrezzi, e dei tutori delle manovre uguali per tutti, dei presidi medici (botulino, interventi...), ma che tenga conto dell'emotività, delle competenze, delle difficoltà assolutamente specifiche di quelbambino , e non della sua patologia.

domenica 23 agosto 2009

Aggiornamenti e novità per il blog


Ho cambiato il template del blog perchè ho ricevuto qualche email dove mi si diceva che i post erano illegibili (si legge solo il titolo, non si vede niente, ecc.). Per favore, se qualcuno ha ancora qualche problema, di qualsiasi genere, nella lettura dei post, me lo comunichi: sto cercando di cambiare un po' di cose per rendere il blog migliore.

da oggi infatti potete anche cercare, all'interno del blog, gli argomenti e le parole che vi interessano attraverso il motore di ricerca di google, che troverete nella sidebar (che ora è a sinistra e non più a destra come prima).

Voglio dire una cosa ai genitori che mi scrivono: in molti mi mandano una prima email con una domanda. A volte rispondo privatamente, come è successo in quest'ultimo mese; se ritengo che la domanda sia utile la pubblico sul blog.
Molto spesso però, se rispondo che ho bisogno di più informazioni, oppure che ho bisogno che mi telefonino per poterli aiutare (ad esempio quando mi contattano per sapere se conosco qualche terapista nella loro zona, o quando hanno bisogno di qualche struttura, o se ho molte domande perchè la situazione non è chiara), non mi contattano più. Io sono sempre disponibile ad aiutare chi me lo chiede, ma se vi chiedo di ricontattarmi, per favore fatelo: una telefonata non vi cambierà molto, in termini di impegno, ma può darsi che possa cambiare radicalmente la situazione del vostro bimbo.

Inoltre desidero ringraziare pubblicamente il papà di Alessia per avermi regalato questi bellissimi biglietti da visita ed avermeli inviati a casa.


Lui ha sostenuto, ai miei infiniti ringraziamenti, che era per aver aiutato la sua bimba (che io personalmente non ho mai visto, ma che ho indirizzato nella sua regione attraverso un lungo giro di telefonate) che in sette mesi ha imparato, come dalla sua testimonianza, a star seduta da sola, a guardare, ad interagire con il mondo: ecco perchè vi dico che magari una telefonata non vi cambia la vita... ma magari sì? Grazie ancora Davide.

Ricordo inoltre a tutti che il gruppo Facebook è sempre attivo: potete iscrivervi così da ricevere tutti gli aggiornamenti per e-mail o messaggio privato su facebook, oppure contattarmi direttamente.

Lunedì ricomincio a lavorare: ho anche ridipinto lo studio, ora ogni parete ha un colore! azzurro, giallo, violetto e rosa. venite a trovarmi, quando volete, sarò felice di accogliervi presso l'Associazione Culturale Progetto Riabilitazione che tra poco (a Settembre) riaprirà i battenti con le attività per i terapisti. ad Ottobre si terrà inoltre il corso ETC sul trattamento del paziente aprassico: vi consiglio vivamente di partecipare, è accreditato AIDETC ed ECM con 27 crediti. prossimamente pubblicherò i dettagli, che comunque troverete sul sito dell'Associazione.

A presto!

la testimonianza: Irene, due settimane "intensive" di ETC!

Pubblico con piacere la testimonianza della mamma di Irene, la bimba che a 9 mesi cominciava a manifestare un non meglio specificato "ritardo". Ora la bimba ha più di un anno, e la diagnosi è di emiparesi destra. Ha iniziato con l'ETC poco dopo la mia risposta con una terapista suggerita da me, ed il mese scorso ha fatto con me due settimane di terapia. Ricordo che questa è la sua seconda testimonianza, alla quale aggiungo qualche foto, scattata nel mio soggiorno a Faenza.
La bambina in due settimane è cambiata molto: come vedete non sono necessarie (e neanche utili) cinque ore di ginnastica al giorno: serve un tempo utile di esercizi assolutamente specifici. Ricordo che ad Irene era stato detto che ci sarebbero voluti anni, prima di vedere dei risultati: eppure, in due settimane la bambina ha imparato molte, molte cose. evidentemente, se si sa cosa fare, le cose non rimangono mai uguali.
Presto (ovvero quando il papà di Irene mi manderà il DVD) inserirò qualche video della terapia, visto che abbiamo ripreso tutte le sedute.

Volevo raccontare l'esperienza che Irene ha vissuto con Fabiana ed il metodo etc.

Ho notato grandi e significativi cambiamenti nella piccola che attualmente ha un anno, per questo volevo portare la mia testimonianza.

Fabiana è rimasta con noi due settimane ed Irene svolgeva fisioterapia un ora al giorno, spesso anche meno in quanto si stancava.

La cosa che mi ha colpito di più è stata che Irene ha iniziato a comunicare, ad esprimersi con il corpo e con i suoi dolcissimi versetti. Quando desidera un oggetto non segna ancora con il dito ma con il capo fissa l'oggetto che le interessa e con movimenti ritmici del capo e tronco ti fa capire che lo desidera oppure allunga il braccino sinistro con mano aperta (a destra c'è l'emiparesi).

Ha iniziato a protestare se si è stancata di stare in una certa posizione o se non gradisce un gioco.

Si muove maggiormente con tutto il corpo, quando è nel passeggino tenta proprio di scivolare fuori, ora è necessario legarla.

Ha iniziato a salutare con la manina sollevando il braccino, precedentemente solo se aiutata a sollevare l'arto apriva e chiudeva la manina, quindi riusciva a compiere un solo movimento alla volta, adesso li fa entrambi contemporaneamente.

Irene ha imparato a fare "ciao ciao":
in precedenza muoveva o solo la spalla o solo la mano
(l'attenzione era possibile solo per UN elemento alla volta)

E' molto attenta a tutto ciò che la circonda e si spaventa meno dei rumori.

Ha imparato il gioco del nascondersi con il fazzoletto e lo fa con i fratelli divertendosi molto.

Riconosce gli oggetti o i pupazzi che sono identici e ti fa capire con lo sguardo dove collocarli perché stiano vicini.

Quando facciamo giochi nuovi, guarda sorpresa e stupita e questo per diverse volte poi sorride quando capisce che si tratta di un gioco.

Sorrido ancora quando penso a Fabiana che faceva finta di rispondere al telefono, “pronto.. pronto!!”, la bimba rimaneva immobile la fissava poi dopo anche un minuto gli sorrideva.

Con queste poche cose che a me sembrano grandi voglio dire che dal punto di vista cognitivo è cresciuta molto in queste due settimane e sta ancora progredendo, anche dal lato motorio ho notato un considerevole miglioramento, è molto più stabile quando è seduta, si muove con il tronco ed afferra oggetti senza cadere su un fianco, utilizza molto di più la mano destra la quale è più aperta e più morbida.

Esercizi in posizione supina con sussidi tattili


Vorrei esprimere una considerazione: che sarebbe molto utile che i bimbi disabili avessero l'opportunità di fare trattamenti etc a seconda delle necessità se ci fossero terapisti disponibili, bravi ed esperti come Fabiana, che ancora una volta ringrazio tanto non solo per l'approccio meraviglioso che ha con i bambini ma anche per i consigli ed il supporto che fornisce a noi genitori.


venerdì 7 agosto 2009

la terapista chiede: consigli per il trattamento del piede torto congenito bilaterale

Ciao Fabiana, sono una terapista di Massa, e da qualche tempo leggo con piacere il tuo blog. Complimenti, anzitutto, per la tua professionalità rara. Io mi sto iniziando ad interessare da poco di ETC e devo dire che mi appassiona molto. Ti scrivo per un consiglio: ho in trattamento un bambino piccino, ha solo 5 mesi, ed è stato operato per piede equino varo supinato bilaterale circa un mese fa. Adesso ha tutore rimovibile, gli hanno prescritto mobilizzazioni passive ed allungamenti. Io vorrei fare ETC. E' molto piccolo, come posso fare? Con giochi, palline che suonano, oggetti che si illuminano?? Per esempio, potrei guidargli il piedino in talo, dolcemente, per raggiungere un obiettivo? E' possibile captare la sua attenzione nonostante sia così piccolo?? Non ho mai trattato bimbi così piccini...sono in ansia!

E' consigliabile che la madre rimanga durante il trattamento?

Ciao, grazie

Francesca


Devo ammettere che quando ho ricevuto questa email ho festeggiato dentro di me: finalmente una domanda da una terapista che si occupa di ETC! Bene, cercherò di aiutare te e il piccolino.

Dunque: cominciamo con la “prescrizione”. Tieni conto che solo con allungamenti e mobilizzazioni il piede torto congenito tende generalmente a recidivare nel momento in cui il bimbo comincia a camminare, esattamente come un piede equino di una paralisi cerebrale, tant'è che ci sono moltissimi bambini che devono ripetere l'intervento più volte senza risolvere il problema. Quello a cui tu devi mirare è modificare la percezione che quel bimbo ha dei suoi arti inferiori, altrimenti il piede torto probabilmente tornerà. Ti darò qualche indicazione che comunque vale per il trattamento degli arti inferiori in generale; il tutto è facilitato ovviamente dall'assenza di problemi centrali di base, sebbene la presenza di un problema congenito presuppone un'organizzazione corticale comunque alterata.

Comincia a pensare: a cosa servono gli arti inferiori? Sicuramente non solo per stare in piedi, quindi lavorare sugli arti inferiori non significa solo “muoverli” in attesa che il bambino cammini. Il piede è un organo sofisticatissimo, è un organo percettivo molto complesso, tanto quanto la mano. Tieni conto che fra poco il bambino comincerà a stare seduto in long sitting, e gli arti inferiori serviranno “in toto” come base d'appoggio, per permettere di svincolare il tronco e gli arti superiori nella manipolazione. Più avanti con l'acquisizione della posizione seduta sul panchetto, il peso verrà distribuito tra i piedi e la V femorale, ed i trasferimenti di carico diverranno fondamentali: per quel momento, l'appoggio dei piedi dovrà essere perfetto, altrimenti il compito PRIMO del piede, che è quello di sentire il suolo (e non quello di “camminare”, che ne è diretta conseguenza), in stazione eretta non potrà essere assolto. Inoltre, come sai, nello schema del passo le diverse parti del piede (avampiede, volta plantare, tallone) assolvono compiti diversi nelle diverse fasi, o percentili, dall'approccio al suolo di tallone allafase di “stacco”, e qui è necessario, per un buon passo, avere una corretta percezione delle differenti parti del piede stesso, al fine di garantire uno spostamento del peso corretto, in relazione anche alle altre parti del corpo (ginocchio, anca, tronco). Ovviamente “sentire” i piedi in modo alterato (e non può che essere così, in un piede torto, per di più operato -ricorda che la percezione è quindi doppiamente alterata, dalla patologia e poi dall'intervento) porterà necessariamente ad una difficoltà più o meno marcata in tutti questi comportamenti.

Devi quindi cominciare a lavorare sul piede come organo percettivo. A cinque mesi un bambino senza patologie ancora non ha sviluppato la coordinazione occhio piede, ma come saprai l'esperienza modifica la biologia, ed io stessa ho visto un bimbo con piede torto congenito, trattato dalla nascita con ETC e NON operato, averla già sviluppata a cinque mesi. Più avanti tra l'altro, camminava meglio dei bambini operati. Tra l'altro, a cinque mesi, un bambino sano non è solo attento, è MOLTO attento: è triste che questi bimbi vengano trattati come “cose da muovere” quando è possibile e sul piano metodologico più corretto e più fruttuoso lavorare in modo che sia egli stesso soggetto del suo recupero in relazione a scopi conoscitivi sempre più complessi... tutto sta a fargli delle richieste che siano adeguate all'età ed al livello cognitivo (che qui deve essere buono ovviamente).

Intanto, visto che ti interessi di ETC, saprai certamente che il primo sussidio per lavorare è il corpo stesso del bambino: i primi esercizi sono quindi relativi al fargli conoscere i suoi arti inferiori, conducendolo a toccare i piedi, le gambe, fargliele toccare, portargliele davanti al volto e facendogli toccare i piedi con una o entrambe le mani. Ti consiglio inizialmente di lavorare da supino, ed in parte in posizione seduta long sitting con sostegno ed appoggio posteriore. Inoltre devi usare sussidi tattili, tridimensionali (cilindri o parallelepipedi ricoperti di superfici diverse) da fargli toccare con i piedi (possibilmente di modo che guardi il piede che tocca) a livello della pianta e del bordo laterale del piede. Devi aiutarlo e condurlo tu nel movimento corretto, ma non “stirarlo” o “mobilizzarlo”, perchè l'esperienza tattile di per sè guida il movimento, e vedrai che se inizialmente sarai tu a fare il movimento per lui, dopo pochissimo tempo comincerai a notare un'iniziale reclutamento. Gli stessi sussidi in posizione long sitting potrai usarli mettendoli di lato al piede e conducendolo a sentirli e poi a buttarli giù utilizzando la dorsiflessione e la pronazione: una volta che ha capito il gioco (ma deve essere almeno parzialmente in grado di stare seduto, quindi con un minimo sostegno), puoi tenergli fermo il ginocchio di modo da utilizzare solo il movimento della caviglia e della muscolatura intrinseca del piede. Ricordati che non basta dargli “un target da raggiungere”, altrimenti non è ETC, è ginnastica: devi dargli un compito conoscitivo.

Puoi usare anche sussidi tattili tipo “a tavoletta” con disegni accattivanti, conducendo il suo piedino a toccarli, e sottolineando le diverse sensazioni che si provano quando si tocca la superficie: quando c'è la superficie morbida, sorridendo dirai “senti! Aaaaaaah che bello!” e quando c'è quella ruvida dirai “ahi ahi come gratta gratta!”. ti faccio vedere le foto di alcuni sussidi di questo tipo costruiti da alcuni "miei" genitori, eccoli qua (i "genitori ETC" si scoprono presto ottimi artigiani ;P). Grazie a Patrizia mamma di Irene e Miriam, Davide papà di Alessia e Matteo papà di Sofia per "gentile concessione" delle foto:



Puoi fargli sentire anche degli oggetti di consistenza diversa sotto il piede, sempre utilizzando dei suoni che richiamino delle sensazioni (spugne morbide o più durette, carte di diversa trama che fanno rumore, ecc.).

Devi stimolare anche tutti e due i piedi contemporaneamente, facendo in modo che lui alterni lo sguardo, ad esempio facendogli sentire sotto un piede un oggetto peloso, sotto l'altro uno più ruvido: devi cogliere sul suo viso le espressioni che denotano stupore e comprensione delle differenze.

Ricordati di fare in modo che lui presti attenzione ai suoi arti inferiori e a quello che sente, è piccolo ma ti assicuro che ce la farà, e nel giro di qualche anno, se sarai stata abbastanza brava, la patologia non si noterà nemmeno.

Per quanto riguarda la mamma, beh... dipende dalla mamma. A cinque mesi il bimbo non ha ancora l' “ansia da separazione”, quindi per lui non dovrebbe essere un problema. Sarebbe però utile che la mamma rimanesse, perchè anche lei deve imparare a stimolare il bimbo in un certo modo. Le “mie” mamme di solito restano durante il trattamento. Il problema sorge se si tratta di quelle mamme “chiaccherone” che tendono a parlare molto distraendo te dal lavoro ed il bimbo dall'attenzione verso una parte del corpo che autonomamente considererebbe meno, quindi sii chiara con la mamma, se ce n'è bisogno: lei può restare, e sarebbe ben utile che lo facesse, ma niente chiacchere e le domande sulla terapia devono essere evitate nel momento in cui il bimbo sta cercando di risolvere un problema/richiesta che tu gli hai posto. Tieni conto che il tutore depriva dalle informazioni un arto già deprivato di per sè, quindi il bimbo tenderà sicuramente a fare un pò di fatica a stare attento alle sensazioni (ci sta anche che alcune superfici gli diano inizialmente fastidio): sta a te mediare e far capire alla mamma cosa è utile per il bimbo.

Questo tipo di proposte che ti ho suggerito, ovviamente andranno bene per il prossimo (breve) periodo, per darti consigli specifici quando il bimbo comincerà a stare seduto, fatti risentire. Sarei contenta di sapere come sta andando. Ciao e... mi raccomando!