martedì 30 settembre 2008

La mamma chiede: piange in terapia, cosa devo fare?

Ciao fabiana,

mi chiamo A. e sono di napoli ti seguo da molto sul forum ma non so perché non riesco ad iscrivermi. il mio bambino ha 27 mesi ed e affetto da tetraparesi spastica a causa di un ginecologo dalla superficialità disumana. S. e un bambino molto intelligente ed e questa sua voglia di apprendere che voglio sfruttare lui fa terapia pentasettimanale ma fino ad ora sembra che nessuna terapista sia 'giusta' abbiamo provato la vojta bobhat e ultima chicca ora siamo da due mesi in un centro nuovo dove l'approccio con la terapista non e stato dei più belli... poiché la terapista lavorava x farlo staccare da me, e Samuel che è attaccatissimo a me ne ha risentito tanto, infatti sono 2 mesi che piange quando entra e la vede per tutta l'ora.
L'ultima volta, quella che poi mi ha fatto decidere di cambiare strada, la terapista contro il pianto disperato gli urlava contro... al mio intervento esasperato mi risponde che è meglio che gli venga una convulsione che viziato. subito ho sospeso le terapie anche se quella terapia sembrava quella più giusta x lui, tutto perché il centro non ha voluto accettare la mia richiesta di cambiare terapista.
scusami se mi sono dilungata tanto ma e tanto che volevo parlarti secondo il tuo parere ho fatto bene? ti ripeto in due mesi una sola volta non ha pianto, con una sostituta che capito i suoi problemi l'ha trattato con i guanti di velluto.
ti abbraccio e spero di leggere presto una tua risposta

grazie anticipatamente A.

Cara A,

premesso che non mi hai specificato che tipo di terapia stava facendo tuo figlio, per cui non posso pronunciarmi sulla validità dell'approccio in linee generali, sicuramente se piangeva un motivo ci sarà stato.
a volte capita che ci siano bambini che piangano perchè non vogliono staccarsi dalla mamma per qualche motivo: per le tetraparesi distoniche, perchè la posizione contenuta in braccio limita le distonie che disturbano il bambino soprattutto nell'esplorazione visiva (e quindi il non volersi staccare è un comportamento "di compenso" assolutamente giustificabile); nei bambini con disturbi dell'attenzione, dove il compito cognitivo magari risulta troppo complesso (richiesta di attenzione prolungata, non comprende il compito, ecc.), tendono a "svicolare" mettendosi a piangere per far cessare la richiesta che evidentemente è eccessiva; alcuni bambini tendono a non sopportare una posizione nello specifico perchè li disturba (spesso nelle tetraparesi è la posizione supina). in tutti i casi è ovvio che è compito della terapista trovare le modalità più adeguate per modificare questo comportamento di pianto, permettere la terapia ed evitare il cronicizzarsi della situazione come è successo nel tuo caso (ovvero: vedo la terapista, mi metto a piangere disperato). in alcuni casi (e questi sono i più tristi) mi è capitato invece di bambini che non si facevano toccare a causa del trauma subito da precedenti terapie (nello specifico, metodo Vojta o Doman): in questo caso spesso ci vogliono dei mesi prima che il bambino si fidi e comprenda che in nessun caso gli verranno fatte manovre cruente. è ovvio che bisogna, caso per caso, capire le motivazioni e modificare la richesta, cambiando posizione, cambiando esercizio, cambiando insomma qualcosa.
io, in questi casi, se la presenza della mamma nella stanza non è sufficiente, di solito inizio con esercizi visivi in braccio alla mamma, per poi distaccarla piano piano e cominciare a lavorare in altre posizioni. a volte bastano due sedute, a volte ci vogliono sei mesi, a seconda del problema. nella maggior parte dei casi io non ho necessità di far uscire la mamma dalla stanza, a meno che il bambino ne sia evidentemente disturbato/distratto (ma ovviamente non deve piangere) o non ne faccia richiesta lui (nei casi di bambini più grandi, che richiedono alla mamma di uscire).
comprenderai cara A., che la terapista non aveva intenzione di "lavorare per staccarlo da te": il lavorare senza stare in braccio alla mamma è ovviamente necessario perchè il bambino non vivrà in braccio e perchè è veramente impossibile lavorare solo in questa situazione, ma non credo proprio che l'obiettivo principe fosse toglierti il tuo bambino. sicuramente il rapporto con la terapista aveva preso una piega difficile, questo è certo.
la modalità che la terapista ha adottato è comunque inaccettabile: invece di interrogarsi sulle motivazioni che spingevano il bambino a piangere, e modificare il suo comportamento di conseguenza, gli ha urlato contro dando la colpa alla mamma (è viziato!) e al bambino, e probabilmente in un momento di frustrazione ha tirato fuori quella frase infelice.
è vero che anche i genitori vanno guidati perchè con un bambino con patologia, spesso in famiglia vengono scombussolate tutte le certezze che si hanno con i bimbi sani, e a volte è difficile per una mamma, guardarsi da fuori (non sto dicendo che sia questo il caso, sto parlando in linee generali), ma questo processo deve avvenire in modo graduale e sempre con la maggior serenità possibile, altrimenti gli obiettivi terapeutici passano in secondo piano.
per farti capire un caso veramente limite (che esula dal tuo caso, ma è per far capire a chi legge a cosa mi riferisco), anni fa mi capitò una mamma che aveva un bambino di 11 anni, molto grave, che portava sempre e solo in braccio. si rifiutava di prendergli una carrozzina perchè sosteneva che il bambino non era disabile ma che un giorno avrebbe camminato, e quindi la carrozzina non serviva. intanto questo bambino, portato sempre in braccio per 11 anni (era anche molto alto), stava sviluppando una scoliosi a causa della posizione. è ovvio che in casi come questi si debba fare un lavoro soprattutto sulla famiglia per il bene del bambino che poteva evitarsi una grave scoliosi, senza dare giudizi (altrimenti non stiamo facendo il nostro lavoro) ma cercando di modificare l'atteggiamento mentale della famiglia nei confronti del bambino stesso.
comunque, hai fatto benissimo, a mio parere, a sospendere la terapia. anche se fosse stata quella giusta per lui, di fatto non lo era, se piangeva in continuazione: ormai il circuito era innestato, dopo un episodio del genere troverei estremamente difficile ripristinare un rapporto con questa terapista.

se, nello specifico, hai bisogno di qualche consiglio sulla riabilitazione del tuo bimbo, non esitare a chiamarmi.

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